Antonio Conte sabato pomeriggio vivrà una gara speciale, il suo passato si incrocia a quel presente che si sta radicando sempre più in lui. L'azzurro è sempre più presente anche nella scelta di vivere pienamente la città. L'edizione odierna de Il Mattino gli dedica un ampio approfondimento.
rassegna
Conte dai mille colori, il bianconero nel passato: l’azzurro sempre più presente
Il nuovo mondo di Conte è il Napoli
—"Il suo mondo ora ha mille colori: i colori di Napoli. Non è più bianco e nero, i colori della Juve che sono stati la sua seconda pelle per 419 partite da calciatore e per 151 da allenatore. Tutto è cambiato in sette mesi. E Conte, fiero dei suoi azzurri, ha acceso sabato notte il megafono per urlare dal pullman "Forza Napoli" ai cinquemila tifosi in delirio all'uscita dell'aeroporto dopo la presa di Bergamo. Tra due giorni c'è la sfida al passato allo stadio Maradona ma ad Antonio, che ha continuato a vivere a Torino dopo il burrascoso addio del 15 luglio 2014 (rottura nel secondo giorno di allenamenti), non interessa l'amarcord. È l'ex juventino più amato - l'unico amato - a Napoli perché la sua personalità e la sua storia hanno conquistato la tifoseria, mortificata dal deludente decimo posto della stagione precedente. Nove scudetti e dieci coppe con la Juve: e allora? Conte aveva messo le cose in chiaro il 19 luglio scorso, sul palco allestito nella piazzetta di Dimaro. Durante la presentazione della squadra i tifosi urlarono "Chi non salta juventino é". Lui spiegò: «Nel calcio come nella vita ci vuole rispetto. È una cosa che non farò ma dovete sapere che davanti a voi c'è il primo tifoso del Napoli». Lui, Antonio da Lecce, salito ragazzino a Torino, felice emigrante del pallone, segnalato a Trapattoni ea Boniperti da un altro leccese, Brio. «Trapattoni è stato l'uomo che mi ha aiutato a restare alla Juve per tredici anni», spiegò nell'autobiografia "Testa cuore e gambe", pubblicata da Rizzoli".
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Conte re di Napoli sin da subito
—"Scegliendo Conte, nella scorsa estate De Laurentiis ha ammesso l'errore di aver collocato in mani sbagliate il Napoli del terzo scudetto. Le statue di Antonio vennero esposte a inizio giugno nelle botteghe di San Gregorio Armeno e si ascoltarono scroscianti applausi in piazza Plebiscito quando il presidente lo presentò a Palazzo Reale. Il rapporto con il Napoli si è cementato nelle settimane di duro e appassionato lavoro, con i tifosi che osservavano felicemente l'esclamazione della squadra. La vedevano nuovamente bella e forte come quella di Spalletti, appassionandosi per i nuovi eroi, da Buongiorno a Lukaku, da McTominay a Neres. Antonio non si è sentito straniero a Napoli. Le è andato subito incontro per conoscerla con gli storici amici napoletani Giulio Pazzanese e Ivan Ventrone, magari dopo aver letto il libro dei proverbi napoletani regalato da Ciro Ferrara, con cui condiviso i trionfi alla Juventus, e aver ascoltato i racconti di Gianluca Capuano, il patron del ristorante "Da Cicciotto", quello che era il covo di Spalletti, che in un'intervista a "Vivo Azzurro Tv" ha esaltato Antonio: «Ha tirato fuori veramente una struttura imponente dalla propria squadra. Ha creato una quadratura dove si vedono una sostanza, un equilibrio, una mentalità importante. Poi il Napoli è supportato da una città che si trasferisce molto a questa squadra»".
Il sogno scudetto e quel legame che diventa sempre più forte
—"Conte aveva riflettuto per mesi prima di accettare la proposta di De Laurentiis. Voleva confrontarsi sul progetto tecnico, affidatogli completamente dal presidente con un significativo esborso economico in estate. L'ansia di riscatto della tifoseria, dopo una stagione mediocre in cui due volte De Laurentiis aveva provato a convincere l'ex ct della Nazionale a sedere in panchina, lo ha stimolato perché coincideva perfettamente con la sua voglia di rituffarsi nel calcio italiano. Ha firmato un contratto triennale ma può vincere subito. Primo in classifica dopo 21 giornate, se batte la Juve arriva a quota 53: gli stessi punti del Napoli alla fine dello scorso campionato. La sua casa non è un albergo. Vive in centro, a un passo dallo storico palazzo dove tanti anni fa c'era una delle sedi del Napoli di Ferlaino, il presidente dei primi due scudetti. Dal secondo al terzo erano trascorsi 33 anni e adesso nei vicoli c'è già chi vorrebbe esporre striscioni azzurri e tricolori. E sul web gira da sabato sera un fotomontaggio del murale di Maradona ai Quartieri spagnoli: il viso è quello di Antonio, che è stato qui il 25 novembre scorso, nel quarto anniversario della morte del Capitano. «Il più grande calciatore che ho affrontato». Lo disse molto prima di sedere su questa panchina e di cominciare «il più grosso lavoro della mia carriera», come ha detto sabato sera a Bergamo, dopo aver caricato con urla e ampi gesti i napoletani presenti sugli spalti.
Il capotribù per una nuova rivoluzione
—"Un capotribù, orgoglioso di esserlo a Napoli, al comando di questi giocatori «con cui andrei in guerra perché so che darebbero tutti». Chi non lo segue, va fuori. Le regole del capo sono chiare. «Questa non è una squadra di passaggio», disse congedando Kvara. I tifosi si sono subito fidati di lui e lui ha capito che Napoli è un'alleata forte per la squadra, per i giocatori che c'erano e hanno rivisto la luce e gli altri che sono arrivati e partiti subito forte. Ecco perché ha lanciato un messaggio al Viminale affinché dia il via libera ai napoletani per il prossimo trasferimento. Arriva la Juve domani, il pezzo più importante della storia di Conte. Ma quella storia è finita undici anni fa. C'è questa di Napoli che lo esalta. Un film in bianco e nero è un film del passato".
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