A 15 anni il primo ritiro e il primo infortunio: frattura dello scafoide. In quei giovanili del Lecce ci sono altri calciatori che avrebbero fatto carriera: Petrachi, Moriero, Garzya, Monaco e Morello. Un solo gol nelle 99 partite col Lecce. Ma che gol. Al San Paolo, contro il Napoli di Maradona, il 5 novembre dell'89, nelle prime gare della stagione del secondo scudetto azzurro. «La notte prima non riesco a chiudere occhio, a 20 anni gioco contro il primo al mondo. Mi sforzo di non tirare indietro la gamba ma come fare a non avere timore reverenziale? Porto la maglia numero 10 e segno un gol quasi da attaccante di razza». A pochi passi dalla porta, davanti alla Curva B, festeggiato con una corsa pazza. Finisce 3-2 per il Napoli. L'ultima partita col Lecce il 3 novembre del '91, prima di spiccare il volo verso la Juve. «Con il cuore in tumulto»
Il primo a segnalarlo alla Juve è Cestmir Vycpalek, ex allenatore dei bianconeri e zio di Zdenek Zeman, che avrebbe potuto essere il tecnico del 35enne Conte. Chiuso nel 2004 il rapporto con la Juve, arriva la telefonata di Corvino, ds del Lecce, mentre Antonio si allena con la Primavera giallorossa in attesa di decidere il suo futuro. «Noi avremmo bisogno di uno come te». Antonio estrae dal muro il chiodo a cui stava per appendere le scarpette, sembra tutto fatto per il Lecce, anche l'accordo per devovolvere parte dell'ingaggio in beneficenza. Ma poi riemerge quella storia del '97 allo stadio Delle Alpi, l'esultanza dopo il gol al Lecce. Duemila tifosi vanno al campo d'allenamento per contestare la società in procinto di far firmare Conte. Corvino insiste, lo vuole. Zeman resta in silenzio, non si espone. Ed ecco l'orgoglio di Antonio: «Non mi va di concludere la carriera in questo modo e di spaccare l'ambiente». La spina nel cuore".
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