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Cesari: “Giudizi difformi, così è pericoloso. Qual è il riferimento per un pestone?”

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L'ex arbitro ha parlato al Corriere dello Sport, soffermandosi sulle controverse decisioni arbitrali dei turni scorsi
Domenico D'Ausilio
Domenico D'Ausilio Vice caporedattore 

Graziano Cesari, ex arbitro, ha rilasciato un'intervista ai microfoni del Corriere dello Sport, soffermandosi sulle controverse decisioni arbitrali dei turni scorsi.

"Stiamo andando verso una situazione molto pericolosa perché vedo difformità di giudizio e variabilità di certe decisioni da parte dei direttori di gara. Si cambiano le valutazioni di stagione in stagione senza che le regole siano state modificate, faccio fatica a capire perché è stata presa questa piega. Per questa ragione rischiamo di andare incontro a un’annata con tanti errori, anche se spero di essere smentito già dalle prossime partite".


Pestoni? Quando parlo di difformità mi riferisco proprio a quello. Eppure l’anno scorso il designatore disse che il gol dalla distanza di Piccoli, in Milan-Lecce, era da annullare per via del pestone su Thiaw. Si prende come riferimento tutto il piede o mezzo? Un’unghia? E con quale metodo si valuta precisamente l'intensità?.

Contatto Kyriakopoulos-Baldanzi? Il mancato rigore è qualcosa che non ha senso perché, oltre al pestone, anche con la gamba viene creato un danno all’avversario da parte del giocatore del Monza. Per tutte le persone di buon senso è calcio di rigore. La verità è che si sta esagerando, gli arbitri cercano di continuo l’auricolare, ma non so cosa cerchino in concreto. L’arbitraggio è fatto di istintività, di ciò che si vede in campo nel momento in cui il pallone sta rotolando. Si è persa la concezione dell’arbitro che decide.

Come si è arrivati a questa situazione? Ci si dimentica che sbagliare è normale. Cambiare una decisione sbagliata è un atto di coraggio. L’arbitro stesso è sinonimo di coraggio perché è colui che decide. Poi trattandosi di un essere umano, avendo solo una visuale e non essendo un alieno, può anche sbagliare. All’inizio il Var era accompagnato da questa concezione fondamentale. Adesso non si decide più e si aspetta. Magari si aspetta che un altro arbitro veda le immagini al monitor e commetta poi un doppio errore".