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rassegna

Ancelotti: “Non credo in Guardiolismo o Sarrismo. Dico sì alla Superlega”

Francesco Casillo

Carlo Ancelotti, attuale allenatore del Real Madrid, ha commentato la questione Superlega

Carlo Ancelotti, attuale coach del Real Madrid, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport. L'allenatore emiliano ha detto la sua riguardo la questione Superlega e sulle ideologie particolari di alcuni suoi colleghi. Di seguito le dichiarazioni del tecnico dei galacticos.

Ancelotti sul Sarrismo e la Superlega

Sulla Superlega

"Nasce proprio dall’esigenza di un cambiamento sostanziale. Con la qualità aumentano anche i ricavi, il calcio torna a essere appassionante, ad attrarre i giovani".

Sulla rivoluzione necessaria nel sistema calcio

"Il calcio deve cambiare e deve farlo in fretta. Per prima cosa bisogna ridurre il numero delle partite, si gioca troppo e male, la qualità dello spettacolo è precipitata, i giocatori non ne possono più, alcuni rifiutano la convocazione in nazionale. Stanchezza fisica e mentale, uno sproposito di infortuni, partite che finiscono 10 a 0, è ora di dire basta. Meno partite, lo ripeto, e due finestre per l’attività delle nazionali. Tempo fa ne ho parlato con Wenger. Sono sicuro che i giocatori sarebbero disposti a abbassarsi lo stipendio, se passasse la riduzione del calendario. Gli allenatori farebbero lo stesso. Oggi non siamo più in grado di lavorare e di incidere. Il calcio, così, non sta in piedi".

Su particolari filosofie calcistiche

"Le vittorie, i titoli sono l’unità di misura del lavoro dell’allenatore. Chiaro che giocando bene è più facile ottenere il risultato. Io diverto quando vinco. Ad ogni modo non mi ritrovo in alcuna sottocategoria. Il bravo allenatore è quello che adatta il gioco alle caratteristiche dei giocatori. Se ho Modric e Kroos non posso pretendere di fare pressing alto. Sarei un idiota se con un attaccante come Vinicius, che ha un motorino sotto i piedi, non puntassi sul contropiede. Ti faccio un ultimo esempio: se davanti ho Ronaldostudio il modo di fargli arrivare spesso la palla, non gli chiedo di sfiancarsi con i rientri. Non ho mai coltivato un’ideologia. Il guardiolismo, il sarrismo. Il mio credo è l’identità di squadra".