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(Getty Images)
Torna la Nations League e inevitabilmente tornano gli infortuni: si sono fermati Koopmeiners, Maignan, Immobile, Tonali. Solo quattro nomi (decisivi per le loro squadre di club) esemplificativi per un fenomeno sempre più diffuso, la spettacolarizzazione del calcio ai danni dei calciatori stessi. Lungi da chi scrive voler screditare l'importanza delle squadre nazionali, importantissime soprattutto per gli stessi calciatori che le considerano ancora oggi un punto di arrivo. C'è però da chiedersi: è necessario fermare i campionati anche a settembre per dare spazio alle nazionali che vedremo ai Mondiali tra due mesi e mezzo?
La risposta dell'UEFA sarebbe questa: sì. I calciatori sono divenuti circensi esibitori e scacciaguai per i nullafacenti, per i divanisti che "devono avere svago". Per il loro sollazzo alcuni lavoratori - seppur lautamente ed enormemente pagati - devono sforzare il loro corpo (praticamente gratis tra l'altro, perché sono i club a pagarli) in gare di cartello che però hanno valore zero. Italia-Inghilterra di questa sera farà mettere altri minuti nelle gambe a Di Lorenzo e Raspadori ma sotto quale rischio? Dice bene o no De Laurentiis quando afferma, in tempi non sospetti, di non sapere poi da chi andare a lamentarsi in caso uno dei suoi si infortunasse? È il calcio del relativismo totale. Sarebbe tutto accettabile, se non fosse che improvvisamente dopo la pandemia (un evento straordinario, anormale) le organizzazioni sovranazionali calcistiche abbiano pensato di aumentare le partite da giocare invece di considerare UNA PANDEMIA come un unicum secolare e pensare di tornare alla normalità. C'è da immaginare Ceferin o chi per lui che nei salotti segreti dell'UEFA pensava "ah, ma allora possono fare tutte queste partite? Benissimo! Le faremo sempre da ora". Mai le 6 giornate di Champions sono state congestionate in due mesi - per dirne un'altra - e l'anno prossimo la Champions avrà gironi da 10 partite. Ci abbufferanno di calcio come di comunicazione. Iper-calcio.
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