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DAEJEON, SOUTH KOREA - JUNE 18: WM 2002 in JAPAN und KOREA, Daejeon; Match 56/ACHTELFINALE/KOREA - ITALIEN (KOR - ITA) 2:1 n.V.; SCHIEDSRICHTER Byron MORENO/ECU gibt ROTE KARTE fuer Francesco TOTTI (rechts)/ITA (Photo by Andreas Rentz/Bongarts/Getty Images)
Dopo quel famoso Italia-Corea del Sud del 18 giugno 2002, Byron Moreno torna a metterci la faccia e non le manda a di certo a dire. L'ex arbitro, durante un'intervista a La Gazzetta dello Sport, ha parlato non solo del match che lo ha reso noto in tutto il mondo, ma anche di tanto altro.
Di seguito le dichiarazioni di Byron Moreno a La Gazzetta dello Sport:
"Italia-Corea? Dopo tutto questo tempo ricevo ancora insulti sui social dai tifosi italiani. Non rispondo, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Ho la coscienza pulita, sono tranquillo. La prima immagine se ripenso a quella partita? Ne ho troppe. Il primo fallo di Coco al 4’, il rigore procurato da Panucci. Episodi chiari. Poi Coco si procura un taglio sul sopracciglio e inizia a sanguinare. Non per colpa di un giocatore coreano, ma scontrandosi con un suo compagno. Poi il primo giallo a Francesco Totti, il numero 10 dell’Italia apre il braccio e saltando impatta con un avversario".
"Se Vieri non avesse segnato il primo gol degli azzurri avrei assegnato il rigore. Quando Bobo salta di testa, c’è un coreano che lo trattiene per la maglia. Scelta giusta? Certo, il gol è la miglior situazione. L’arbitro, soprattutto in quell’epoca senza VAR, ha un millesimo di secondo per scegliere e agire. A oggi sono tranquillo, perché nessuna decisione arbitrale ha influito sul risultato di quella partita".
"Se guardiamo il video, il giocatore coreano punta il pallone, arriva prima e allunga la gamba. Il capitano azzurro inciampa e cade provando a simulare un fallo per il quale è stato ammonito per la seconda volta e quindi espulso. Ha inciso sulla partita? Il regolamento prevedeva il giallo per simulazione. Ho rispettato le regole, le immagini parlano chiaro. Totti non protesta, gli unici a farlo sono Vieri e Di Livio. Anche quando Trapattoni colpisce il vetro che divide la sua panchina dai dirigenti FIFA, è una reazione dovuta alla rabbia del momento. Se Totti fosse convinto di aver simulato? Se un giocatore è responsabile di un’azione, lo sa: se viene sanzionato e non protesta, sa anche di non avere ragione. Basta guardare i video, questo è stato l’atteggiamento di Totti quando ha ricevuto il rosso".
"Sun-hon Hwang falcia Zambrotta al 72’, costretto a uscire per infortunio. Quella è l’unica situazione che mi ha fatto riflettere tanto in questi anni. Tornassi indietro darei il cartellino rosso al coreano. Ho giudicato la forza del tackle dalla mia prospettiva. Non è la stessa di chi rivede l’azione da otto telecamere diverse. È stata una decisione presa tenendo conto del mio punto di vista in quel momento. Sono umano, mi assumo la responsabilità per ogni decisione giusta o sbagliata presa durante la mia carriera arbitrale. Quello di cui potete stare sicuri è che non ho mai voluto favorire o penalizzare qualcuno in campo".
"Quell’azione non è di mia responsabilità, ma dell’assistente argentino Jorge Ratallino. In quegli anni l’assistente dell’arbitro era l’unico responsabile per il fuorigioco. Lui ha alzato la bandierina e mi sono fidato. Era impossibile per me sapere se Tommasi fosse o meno in posizione irregolare dalla prospettiva che avevo".
"L’arbitro deve prendere decisioni giuste, ma ha una percentuale di errore. L’importante è non creare equivoci in azioni determinanti del gioco e tenere lo stesso criterio sanzionatorio per una squadra e per l’altra. Se ho agito cosi anche in Italia-Corea? Assolutamente sì. Quella gara è nella top 3 delle mie migliori prestazioni arbitrali in carriera. Che voto mi darei? 8.5 pieno.
"Non sono stato radiato, ho scelto io di ritirarmi. E sono uscito dalla porta principale a testa alta. La FIFA ha aperto un’indagine dopo Italia-Corea, ma la Federazione ecuadoriana mi ha boicottato. Sono stato avvisato del provvedimento con oltre un mese di ritardo, fuori tempo massimo per presentare la mia difesa. Ho chiesto una deroga e sono stato felice che la commissione disciplinare FIFA mi abbia ascoltato. A dicembre 2002 sono stato dichiarato innocente, non ho commesso alcuna irregolarità in Italia-Corea. Però non sono stato riconfermato come arbitro internazionale l’anno successivo".
“Dopo Liga de Quito-Barcelona, 8 settembre 2002: partita di campionato. La squadra di casa vinceva 3-2 al 90’, si è giocato oltre i sei minuti di recupero previsti. In totale circa dodici, è finita 3-4. Sono stato condannato ingiustamente per quella decisione. Il regolamento dice che il tempo di recupero deve essere effettivo di gioco, se ci sono delle interruzioni vanno recuperare, è quello che ho fatto. Un dirigente per mesi ha provato in tutti i modi a farmi fuori. Alla fine ho scelto io di dire basta, con grande rammarico per me e per la mia famiglia. Avevo 33 anni, la mia carriera arbitrale poteva proseguire ancora. Star in Ecuador? Non esageriamo. Vivo a Guayaquil e non ho mai avuto problemi, qui la passione per il calcio è diversa da quella italiana. Ancora oggi, mi fermano in strada chiedendomi foto e autografi. È strano per me, di solito succede solo ai calciatori non agli arbitri”.
"Lavoro coi giovani da quindici anni. A loro insegno regole e valori per formarli e istruirli. In accademia seguono dei corsi specifici che gli consentono di ricevere un attestato ufficiale. Poi la Federazione sceglie se designarli per le partite. Attualmente, alcuni arbitri passati per la mia scuola dirigono partite nel campionato ecuadoriano. I "nuovi Moreno"? Direi di no, ne basta uno".
"Una brutta pagina della mia vita. Nel 2010 all’aeroporto John F. Kennedy di New York mi hanno beccato con 6kg di eroina. Tutti sanno i motivi di quel gesto, sono stato minacciato e obbligato. La mia ex moglie era in pericolo di vita. Mi hanno condannato a 2 anni e 6 mesi. Commettere un reato significa perdere tutto: famiglia e ogni parte della tua vita. In carcere, grazie al calcio, ho imparato a essere amico di tutti. Organizzavo tornei, dovevo trascorrere il tempo. Mi è capitato di arbitrare partite anche lì. Quando decidevo di espellere qualcuno, mi dicevano: "Guarda, stai dirigendo una partita tra delinquenti". Ma io sono così, è la mia personalità, sono sempre deciso".
"Solo chi non fa nulla e i morti non sbagliano, capita a tutti. Anche l’Italia ha sbagliato in quel Mondiale del 2002. Con l’espulsione di Totti e senza Del Piero, gli azzurri hanno lasciato troppo spesso la palla agli avversari. Trapattoni ha commesso un errore facendo entrare Gattuso al posto dell'attaccante della Juve. In quel preciso momento l'Italia ha perso la partita. Non ho mai permesso a niente e nessuno di influire nel mio lavoro. Ecco perché in Italia ho tanti amici, non ci torno da oltre 10 anni. L’ultima volta sono stato a Napoli, mi hanno accolto benissimo".
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