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Jorginho, una favola da raccontare: dal monastero al tetto d’Europa

Sara Ghezzi

Jorginho sta impressionando l'Europa, ma la sua storia parte dal basso come racconta il suo scopritore Riccardo Prisciantelli

Jorginho sta meravigliando l'Europa intera con le sue prestazioni con l'Italia che domenica affronterà l'Inghilterra in finale a Euro2020. Il centrocampista in questa stagione è stato protagonista anche con il Chelsea con cui ha vinto la Champions League. Inoltre potrebbe ricevere la candidatura per il prossimo Pallone D'Oro. In questi giorni si è scavato molto sul passato del giocatore, facendo conoscere tramite le parole del suo scopritore Riccardo Prisciantelli, una storia non semplice, che rende l'ascesa dell'italo-brasiliano una vera favola.

Jorginho, dal monastero a Verona al tetto d'Europa

Riccardo Prisciantelli ha parlato a La Gazzetta Dello Sport degli inizi di Jorginho con l'Hellas Verona:

Su come ha scoperto Jorginho

"Ricordo quel giorno come fosse oggi. Era il 2007, mi chiama un imprenditore veronese che lavora in Sudamerica. Mi propone dei giovani calciatori, gli dico che il mio club ha zero budget e se vuole può portarli in Italia".

Sul Pallone d'Oro

"Tutti gli riconoscevano la grinta di un leone, lui per me è un lupo. Non si vede spesso, in campo fa il triplo e lavora più di tutti. Per quanto ha sofferto merita il Pallone d’Oro. Un giorno stavo arrivando al campo, mi chiama il massaggiatore perché aveva visto il giovane palleggiare. Era estasiato. Lo portavamo agli allenamenti e alle partite della Berretti".

Sulle difficoltà per il tesseramento

"Ci è voluto molto tempo prima che riuscissimo a tesserarlo. Era quasi un infiltrato, non poteva vivere in convitto con i compagni.Lo affidai a una comunità di preti per dargli un letto e un pasto caldo. Ai monaci facevo delle offerte. Non sempre avevo soldi, una volta ho discusso con uno dei frati per dare a Jorginho da mangiare. Al ragazzo regalavo 20 o 50 euro quando potevo. Faceva lo stesso Rafael, il portiere brasiliano della prima squadra. Era l’unico modo che avevo per permettergli di studiare, imparare la lingua e giocare. Non immagino le lacrime versate nelle notti in quella stanza buia e triste. So solo che non ha mai mollato".

Su Sarri 

"Mi chiese di portargli qualcuno dalle giovanili. Vide Jorginho e se ne innamorò, ecco perché lo ha voluto al Napoli e poi al Chelsea. Senza contratto, ogni allenamento era un rischio. Se si fosse infortunato sarebbero stati guai. Per dargli una chance ho rischiato la carriera. Il tecnico lo voleva in gruppo, io lo inserii nella lista del pre-ritiro natalizio. Avrei fatto di tutto per lui. Ho sempre creduto nelle sue qualità, anche quando gli allenatori non lo mandavano in campo".

Su come si è sdebitato con lui

"Mi ha invitato a cena con Rafael e la sua famiglia, nessun altro. Il periodo buio era finalmente passato. È stata l’ultima volta che l’ho visto".