Roberto Donadoni, ex calciatore ed ex ct della Nazionale, è intervenuto sulle pagine della Gazzetta dello Sport per parlare della sfida di questa sera tra Italia e Svizzera. L'allenatore ha anche fatto un paragone tra lui e Insigne.
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Donadoni: “Insigne mi somiglia. Italia, attenta alla Svizzera!”
Le parole dell'ex ct della Nazionale
Donadoni su Italia-Svizzera
Ora Italia-Svizzera, un altro spareggio non infrequente nella storia della Nazionale…
“Una gara delicata, l’Italia merita di andare in Qatar per tutto quello che ha fatto. La Svizzera è competitiva, ma io ci credo: abbiamo qualcosa in più, andremo al Mondiale. Anche gli episodi finora sono andati bene”.
Perché si fatica dopo aver vinto l’Europeo?
“Perché dopo un trionfo c’è un accumulo di stress che ti complica la vita. Ma ne siamo usciti sempre bene, questo dice la storia della Nazionale. Grandi risultati nei momenti difficili, soprattutto al Mondiale”.
Rischi?
“Abbiamo da perdere più di loro. Non facciamoci assillare dal risultato. Giochiamo mentalmente liberi, senza pensare “oddio, e se non ce la facciamo…”.
Italia-Scozia 3-1 nel 1993 a Roma, gol di Donadoni al 3’…
“Partite in cui l’aspetto caratteriale diventa quasi più importante di quello tecnico. Giochi contro squadre fisiche, decise, grintose. Sono imprese che ti fanno dare il massimo, io ci riuscivo. Da queste partite capisci il tuo valore assoluto”.
Donadoni era un’ala ma, come dice Sacchi, anche un trequartista, un giocatore totale fondamentale nel Milan e nell’Italia. Oggi nel suo ruolo ci sono Chiesa e Insigne. Molto diversi da lei?
“L’Insigne ultima versione, quello che taglia verso il centro, supera l’uomo in dribbling, rifinisce, mi somiglia un po’. Anche se io ero più portato alla fase difensiva, mentre lui è molto più bravo in attacco e segna tanti gol. Chiesa ha questo carattere immenso, si sacrifica per la squadra, arretra e, correndo a mille, a volte va un po’ fuori giri. Allegri dice che se lo ritrova esaurito dopo un’ora perché non sempre gestisce gli sforzi, ma è una cosa molto bella: Chiesa si entusiasma. I giocatori li preferisco così”.
Somiglia a papà Enrico?
“I geni solo quelli, soprattutto nel modo di tirare in porta. Enrico era più attaccante, io non vedo ancora Federico centrale, fa fatica, non ha riferimenti”.
Anche da c.t. una sfida memorabile per lei con la Scozia, vinta 2-1…
“Ricordo molto bene. Gara tosta, delicata. Ricordo in particolare gli occhi di quelli in panchina: avevano la stessa luce di chi doveva giocare. Volevano vincere a tutti i costi. È con questo spirito che ci siamo qualificati. Oggi è più facile perché, con cinque cambi, ne fai giocare di più, e nazionali e top club hanno tanta qualità da inserire”.
C’è anche un’Italia-Svizzera 3-2 a Roma, qualificazioni a Euro ’88, la sua seconda presenza azzurra con gol al 1’…
“Su punizione laterale. Altobelli, che poi segnò due gol, mentre sistemavo la palla mi disse: “Adesso mi giro, ti do le spalle e vado in area sul primo palo. Tu seguimi con lo sguardo e tira forte lì, io vado in anticipo e segno”. Non ce ne fu bisogno, tirai forte e la palla entrò in porta”.
Mancini ha cambiato il campionato convincendo tutti a “giocare”?
“È una mentalità ormai diffusa grazie anche a Mancini che ha avuto la forza il coraggio di puntare sui giovani. Prima c’erano molte più remore. Tutto il sistema sta cercando di imitarlo e ha preso coraggio. Pensare di giocare soltanto sull’avversario oggi sarebbe un limite. A volte sei costretto a difenderti, ma solo per differenza di qualità”.
Possibile che l’Italia non vada al Mondiale?
“Non mi passa neanche per l’anticamera del cervello. Dopo l’Euro non possiamo non essere al Mondiale”.
Si aspettava Mancini allenatore quando giocava con lui?
“Quando giochi non sai se farai l’allenatore. Cominci a pensarci verso fine carriera. È successo così anche a me”.
Sempre contento?
“Ho ancora grandissima voglia di allenare qualche anno e spero che qualcuno mi cerchi”.
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