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(Getty Images)
Così come si apprende da Repubblica in un articolo a firma del collega Matteo Pinci, ieri prima di Italia-Inghilterra, a un giovane tifoso con le stampelle è stato negato l'ingresso a San Siro: "Sono pericolose". Questa la risposta lapidaria degli steward.
Una risposta che, almeno in linea di principio, può sembrare anche spietata, ma la verità è un'altra. Chi è addetto all'ingresso rispetta, molto semplicmente, le direttive che gli sono state imposte dai vertici aziendali. Il ragazzo di vent'anni aveva comprato il biglietto lo scorso 24 agosto scorso, prima di rompersi una gamba. Non ha trovato posto nemmeno nel settore destinato ai disabili: "Posti esauriti". Un fatto che deve certamente far riflettere sulla dimensione culturale degli stadi italiani (e più in generale sulla precarietà umana di una certa fauna che vilipende la sacralità dello sport per sfogare le proprie frustrazioni).
Bisogna leggere tra le righe. Non è tanto il disabile a essere pericoloso per gli altri, ma il facinoroso medio che può approfittare della debolezza di chi è sottoposto a una condizione di deprivazione fisica, sottrarre la stampella e brandirla come un'arma atta ad offendere il prossimo. Alla luce di queste ipotesi non stupiscono i cori razzisti così come quegli idioti che simulano il verso della scimmia. Cosa si può fare per arginare questo fenomeno? Servono pene più severe. Ed è paradossale ammettere (ammetterlo non sensa vergogna) che questa è la sola ricetta per consentire a un tifoso con disabilità di accedere in un settore destinato dai "normodotati".
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