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Capello torna su Spagna-Italia: “Nel nostro Paese non si coltiva più la qualità”

Alex Iozzi
L'ex tecnico spiega le ragioni che si celano dietro la pesante batosta subita dagli Azzurri in quel di Gelsenkirchen

Fabio Capello, ex allenatore italiano, si è concesso per un'intervista ai microfoni de' La Gazzetta dello Sport, durante la quale si è soffermato in particolar modo sulla sconfitta patita giovedì scorso dalla nazionale italiana, targata Luciano Spalletti, contro la Spagna, gara valevole per la 2ª giornata del Girone B dell'edizione 2024 dei Campionati Europei di Calcio e terminata con il risultato di 1-0.

"Mentre Guardiola si evolveva, gli allenatori italiani prendevano come modello il Pep di dieci anni fa", le parole di Capello a La Gazzetta dello Sport

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Di seguito quanto dichiarato:

"Senza troppi giri di parole: con la Spagna è stata una brutta caduta. Ma possiamo rialzarci. La qualificazione agli ottavi è lì, ad un punto, e la Croazia lunedì ci offrirà l’occasione del riscatto. La missione è alla nostra portata, a patto di tenere a mente un paio di concetti emersi dal ko di Gelsenkirchen.

Il divario nasce da lontano, perché nel nostro Paese non si coltiva più la qualità: nelle scuole calcio si insegna la tattica, ma non la tecnica ed il risultato nel lungo termine è questo. Ho allenato a Madrid, conosco bene il modo in cui si insegna e si vive il calcio in Spagna: il momento più bello dell’allenamento è il rondo, il torello, e non perché si scherza e ci si rilassa, ma perché la sfida è sbagliare il meno possibile e la tecnica comanda. In Italia, in questi anni, in tanti hanno preso a modello Guardiola, ma il Guardiola di dieci anni fa, mentre lo stesso Pep si evolveva e guardava avanti.

L’equivoco ha portato ai limiti di oggi: i nostri calciatori non si prendono quasi mai la responsabilità di giocare la palla in avanti o di rischiare un dribbling. Abbiamo finito per confondere il bel gioco con lo sterile possesso palla. Il bel gioco invece è quello della Spagna attuale, ecco il modello da seguire. Un modello in cui Nico Williams, a 21 anni, spiega che punta sempre l’avversario perché è il ct a chiederglielo".