Spesso raccontiamo che il calcio è un grande romanzo popolare, Sky e DAZN stanno facendo un grande lavoro. Dobbiamo preservare un patrimonio che è di tutti; abbiamo sistemato le regole e siamo il campionato che investe di più nelle tecnologie. Dal tanto vituperato VAR al fuorigioco semi-automatico e tutti quei prodotti che rendono più credibile il prodotto. Il campionato di calcio ha 16-17 stadi e prima il segnale arrivava a ogni pullman presente negli stadi. Abbiamo scelto di veicolare tutto all’interno di un’unica struttura a Lissone, tra Monza e Milano. È una grande sala conferenze con delle sale VAR che hanno un contesto perfetto. Trasferire i segnali dentro un centro di produzione ci ha permesso di creare un vero e proprio centro dove possiamo controllare non solo la regia della gara ma creando un prodotto in un contesto difficile con una Serie A con stadi fatiscenti e con angoli visuali complicati. Siamo a livello di qualità di immagini pari alla Premier League, dobbiamo lavorare sulla capacità di trasformazione dei nostri stadi. Il calcio è un elemento di conversazione diffusa, la Premier League era dietro la Serie A.
Cosa è mancato come sistema? Non abbiamo investito sulla costruzione di una lega forte ma lavorando sull’individualità della singola società. Siamo mancati nell’internazionalizzazione del brand, ora abbiamo riattivato questo sistema ma in colpevole ritardo. Sui diritti nazionali non c’è grande distanza, ci sono sei milioni di abbonati tv in Inghilterra e pagano cifre più alte. C’è il tema della pirateria, ma questo è un argomento culturale. Il vero punto su cui tutti hanno perso una battaglia è l’estero. Gli inglesi hanno avuto le prime proprietà internazionali con investimenti fuori scala, questo ha consentito a quel calcio dopo la riforma Tatcher di ripulire gli stadi. Si stanno vedendo i primi risultati adesso a livello di stadi in Italia grazie anche al lavoro del governo e del Ministro Abodi per ammodernare gli stadi, basti vedere lo stadio dell’Atalanta.
Poi c’è la tanto discussa Supercoppa, provo a spiegare perché la giochiamo all’estero. Leghe come NBA e NFL giocano da anni all’estero per aprirsi a nuovi mercati e i numeri sono straordinari, abbiamo studiato questo progetto e da oltre 30 anni si gioca all’estero. Si è giocato in paesi più o meno democratici ma non facciamo politica. Stiamo andando nel medio-oriente perché sono tutti malati di calcio e sono estremamente giovani, oltre il 50% della popolazione Saudita ha meno di 25 anni. Una gara non era sufficiente per creare attenzione all’estero, lì ci sono 3-4 eventi di rilevanza mondiale al giorno ed è difficile emergere. Il formato con due semifinaliste e la finale ci permette di manifestare il massimo livello del nostro campionato. Questo lavoro complicato e lungo ci porta a giocare ancora la Supercoppa all’estero, per crescere all’estero bisogna stare all’estero. Ieri sera abbiamo battezzato un pacchetto per i tifosi per seguire le tre gare a cifre assolutamente competitivi per portare almeno mille tifosi a partita e mantenere vivo il rapporto con la tifoseria organizzata. Verrà lanciato questo pacchetto nelle prossime ore. Il tifoso è parte integrante dello spettacolo, quando non entra in dinamiche polemiche e di contestazione. Dobbiamo ricordare che lo stadio deve rimanere un luogo civile, utilizzando la tecnologia ci saranno accordi con le varie società per il riconoscimento facciale all’interno dello stadio, nei limiti del rispetto della privacy. Nel tempo riusciremo a completare quell’operazione di educazione all’interno dello stadio. Il riconoscimento facciale è un elemento chiave per il futuro e per rendere il prodotto condiviso da tutti".
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