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Primavera Napoli, l’ex allenatore: “Vi racconto quando arrivò Maradona nel 1984”

Primavera Napoli, l’ex allenatore: “Vi racconto quando arrivò Maradona nel 1984” - immagine 1
A Radio CRC nel corso della trasmissione “Si Gonfia la Rete” di Auriemma è intervenuto Rosario Rivellino, ex allenatore
Tony Sarnataro
Tony Sarnataro Giornalista 

A Radio CRC nel corso della trasmissione “Si Gonfia la Rete” di Raffaele Auriemma è intervenuto Rosario Rivellino, ex allenatore della primavera del Napoli quando arrivò Maradona. A seguire le sue principali parole.

Primavera Napoli, le parole dell'ex allenatore

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“30 giugno 1984? Io collaboravo molto con Juliano che mi mandava in giro a vedere qualche giocatore e disse che avevamo la possibilità di prendere Maradona. Ci fu una richiesta iniziale di 12/13 miliardi, quindi Ferlaino non ne voleva sentir parlare. Poi i dirigenti iniziarono questa trattativa che prima sembrava non andasse in porto, poi dopo per la loro abilità venne portato Maradona a Napoli. La prima volta ho visto Maradona in allenamento al campo Paradiso. Mi sembrava più un giocatore da circo per i numeri tecnici insuperabili. Lui veniva spesso e ci teneva tantissimo per i ragazzi del settore giovanile, li trattava come figli. È stata una persona eccezionale.  Ci fu un altro acquisto importantissimo che fu Bagni insieme a Marchesi. Stavamo al mercato a Milano e arrivò la telefonata in cui ci informarono che Bagni fosse disponibile a cambiare squadra dopo un litigio". 


Sul settore giovanile

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"Bisogna investire un po’ con la competenza ed economicamente. Devi creare la struttura ideale e penso che Ferlaino con tutti i problemi che aveva, creò un grande settore giovanile. La cosa emblematica è che la squadra che ha vinto il primo scudetto aveva 8 giocatori provenienti dal settore giovanile, quindi un’economia enorme a livello finanziario. Il calciatore che proviene dal settore giovanile non deve essere per forza un fenomeno, può essere anche un buon titolare. Anche da un punto di vista tecnico Napoli è una miniera, ma bisogna curarli e saperli crescere, avendo una struttura e le competenze per portarli avanti. L’unico rimasto era Insigne”.