La lunga catena di torti arbitrali patiti Aurelio De Laurentiis è diventato ufficialmente proprietario del Napoli, iscrivendolo in serie C dopo il fallimento come “Napoli Soccer”, il 10 settembre 2004. Da quel giorno sono passati vent’anni e un po’ perché De Laurentiis non è quel che si dice un mostro di simpatia, un po’ perché si è comportato fin da subito nel mondo del calcio da cane sciolto senza scodinzolare tra le gambe di alcun padrone, le ironie e le commiserazioni sul suo conto, anche dei media e soprattutto dei media “specializzati” - quelli che dovrebbero più di altri saper distinguere, se mi passate l’immagine, la merda dal risotto - si sono sprecate.
Il fatto che De Laurentiis sia stato per venti lunghi anni un proprietario e un presidente illuminato facendo del Napoli il club meglio gestito d’Italia, il più sano e il più corretto nella gestione dei bilanci e non solo dei bilanci, che lo abbia portato a una dimensione da top club non solo italiano ma internazionale e abbia fatto tutto ciò lungo quattro lustri che hanno visto:
A) la Juventus che dopo essere finita in B per lo scandalo Calciopoli non ha fatto altro che entrare e uscire dai tutti i tribunali possibili e immaginabili sempre amnistiata dalla servile e ridicola giustizia sportiva della FJGC che le ha consentito di vincere nove scudetti consecutivi nei modi e con i metodi che la Procura di Torino ha alla fine svelato, fino a subire l’onta della squalifica UEFA dalle coppe nello scorso ano;
B) il Milan giungere sull’orlo del fallimento al termine dell’inquietante e buia parentesi del dopo Berlusconi - col club finito nelle mani di tale Li Yonghong, cinese sconosciuto anche ai cinesi - e costretto a patteggiare con l’UEFA l’estromissione dalle coppe per il mancato rispetto del Fair Play Finanziario;
C) l’Inter vivere stagioni continuamente sul filo del rasoio con dirigenti costretti a fare da trapezisti dei bilanci sotto la proprietà della famiglia cinese Zhang indebitata, condannata e inseguita dai creditori in ogni angolo del mondo, e ugualmente capace di diventare vincente in virtù della superiore abilità manageriale del dirigente e oggi presidente Beppe Marotta;
D) la Juventus, il Milan e l’Inter (assieme alla Roma) costantemente nel mirino dell’UEFA per il controllo dei bilanci, sorprese a tramare nottetempo per dare vita a quella gigantesca truffa che sarebbe stata la Superlega, il torneo per solo eletti - nato sfortunato e morto nella culla - ideato al solo scopo di risolvere i drammatici problemi economico-finanziari dei club europei con le pezze al culo ma incapaci di fare di conto e costretti - come nel caso della Juventus - a falsare i bilanci con le più indecorose delle furbata; il fatto che De Laurentiis, dicevo, sia riuscito a far diventare grande il Napoli nonostante il contesto in cui si ritrovasse a muoversi fosse questo, e lo abbia fatto rispettando leggi e regolamenti che gli altri non rispettavano, non è stato sufficiente a far convogliare sulla sua figura e sulla sua persona non dico la simpatia, ma la stima, l’apprezzamento e la riconoscenza che un’informazione seria e un movimento serio avrebbero dovuto tributargli fin da subito applaudendolo e additandolo a modello da seguire e da imitare per tutti.
Ebbene: siccome oggi, costrettivi dallo scoccare della ricorrenza (10 settembre 2004-10 settembre 2024), i media stanno ricordando a tutti i 5 trofei vinti dal Napoli nel ventennio De Laurentiis, e cioè uno scudetto (2022-23), tre Coppe Italia (2011-12, 2013-14, 2019-20) e una Supercoppa italiana (2014), vorrei fare toc-toc alla porta dell’Istituto Luce, farmi aprire e dire a tutti che a proposito dei 5 trionfi di cui sopra si sbagliano: è un conto per difetto. In realtà i successi del Napoli sono stati molti di più. E se l’onestà intellettuale ha ancora cittadinanza in chi è preposto a fare informazione, almeno tre di questi, i più clamorosi, andrebbero menzionati:
1) la Supercoppa 2012 giocata a Pechino dal Napoli di Mazzarri contro la Juventus (ma forse bisognerebbe dire: contro il Palazzo) ricordata ancora oggi come lo scandalo degli scandali, roba che Moggi, De Santis & company ai tempi di Calciopoli erano un manipolo di dilettanti;
2) lo scudetto 2017-18 passato alla storia come lo scudetto di Orsato, l’arbitro che non vedeva bene da vicino, titolo che il Napoli di Sarri aveva conteso per l’intera stagione indovinate a chi? Ma certo, a Sua Maestà la Juventus;
3) e ancora il 4° posto (sì, avete letto bene: il 4° posto) nel campionato 2020-21 che venne fatto sparire, e trasformato in 5°, grazie a un colpo di bacchetta magica di mago Calvarese, l’uomo che sussurrava alle zebre, un piazzamento che avrebbe dato al Napoli, matematicamente e meritatamente, non solo il pass per la Champions dell’anno seguente ma anche il pass per il Mondiale per Club 2025, ammesso e non concesso che alla fine questo torneo si giochi. Una Champions e un Mondiale in più per il Napoli (e in meno per la Juventus) avrebbero voluto dire 100-120 milioni in più nel portafogli: fate voi i conti di cos’ha significato e ancora significa la rapina del secolo. Gli sportivi e le persone perbene lo sanno: sono due e non uno gli scudetti vinti da De Laurentiis; sono due e non una le Supercoppe in bacheca; e ammesso che il Mondiale per club 2025 si giochi davvero, è il Napoli la squadra che assieme all’Inter ha conquistato il diritto di rappresentare l’Italia: che purtroppo nel calcio è il Paese degli imbrogli e del campionato col verme. Questo per amore di verità. Tutto il resto sono balle.
P.S. poiché so già che c'è chi mi ricorderà lo scivolone della "plusvalenza Osimhen", rispondo subito: un peccato commesso in 20 anni, in un mondo di ladri e farabutti che malvivono 24 ore su 24, è persino poco".
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