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interviste
(Getty Images)
Stanislav Lobotka, ovvero: l'irrinunciabile. Ché la vita è strana ed imprevedibile, e dal nulla cambia e ti cambia per sempre. Diciotto mesi di buio totale, così è stato il primo Stanislav napoletano: panchina, panchina, ancora panchina. Il peso corporeo in aumento, il viso sempre più triste, spento. E lui sempre più ai margini di un progetto che in realtà non si sapeva bene dove andasse. Poi, l'arrivo di Spalletti, la svolta, l'esplosione del suo inestimabile talento, la forma fisica recuperata in un'estate da "wow".
Lo ha intervistato oggi il Corriere dello Sport, ecco quanto evidenziato da CalcioNapoli1926: "Ho vissuto un momento difficile, non giocavo, poi nel febbraio del 2021 ho avuto il primo dei due interventi alle tonsille. Ma comunque era venuta meno in me la fiducia, ero diventato improvvisamente triste (...) Pensavo che Gattuso volesse un tipo di giocatore diverso, non trovavo spazio e quindi per me c’erano problemi. E l’idea di cercare un altro club l’ho avuta. Poi h o perso sei chili, è arrivato Spalletti ed è cominciata un’altra storia (...) Mi sembrava di essere in fiducia quando sono arrivato, ed ero ovviamente fiero della mia scelta, orgoglioso di aver attirato l’attenzione di una società del genere. Ma quella fiducia è sparita in fretta, perché i miei spazi si sono immediatamente ristretti. L’ho ritrovata quando mi è stata concessa continuità e il rendimento se n’è giovato". Dai calci tirati ad un pallone per strada, al sogno di diventare calciatore e guadagnare tanto, al sogno proibito di giocare la Champions. Dall'ammirazione per Ronaldinho a quella per Xavi, al Napoli di quest'anno: "Quando ho capito che eravamo veramente forti?In ritiro. Erano andati via in tanti ma si vedeva e si sapeva che i nuovi avrebbero tenuto elevata la qualità. Poi nelle prime partite di Champions abbiamo avuto risposte importanti da noi stessi, è cresciuta la stima, ci siamo convinti della nostra forza, di ciò che Spalletti ci diceva. Abbiamo cominciato a giocare come nessuno si aspettava, è venuta fuori la personalità del gruppo. Spalletti è stato bravissimo a farci comprendere la sua idea di calcio, che già conoscevamo da un anno. E adesso siamo qua, contenti di ciò che stiamo facendo, della felicità che stiamo regalando. Ma siamo consapevoli che restano ancora troppo gare in campionato, che sarà vietato distrarsi, che converrà seguire le indicazioni del nostro allenatore: un passo per volta, partita per partita (...)
Il segreto del Napoli?Non so se è una chimica, certo una serie di fattori: la bravura di Giuntoli nello scegliere i calciatori giusti; la forza di Spalletti che ci migliora; la serenità che ci concede la società. Poi, c’è fame dentro ognuno di noi, vogliamo lo scudetto, vogliamo regalarlo ai nostri tifosi che sono fonte di energia dentro e fuori dallo stadio. E puoi anche non star bene in quel momento, puoi non sentirti nel pieno della tua condizione, ma quando avverti la passione della gente, devi riuscire a dar qualcosa in più. Champions? Vincerla è un sogno per tutti, quindi anche per me, ma sappiamo che è difficile, tanto. Ci sono grandi club e questo basta e avanza per definire lo spessore dei concorrenti. Ma noi non abbiamo nulla da perdere, giocheremo senza pressioni, non siamo come il Real Madrid che invece le avvertirà, e quindi saremo leggeri ma decisi. Se riusciamo a passare il turno, potrebbe succedere di incontrarli e noi li affronteremo - loro o chiunque altro - con la convinzione di potercela giocare. Il Napoli in finale non se l’aspettano (...) Chi più importante tra Marek e Spalletti? Posso dire entrambi? Marek è stato un modello per chiunque, un giocatore speciale, semplicemente un grande. E il mister mi ha concesso a Napoli l’opportunità di ricominciare, dopo una partenza complessa: penso che qui, ormai, in pochi credessero in me. Non era certo semplice. E lui non ha avuto dubbi".
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