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Lanzetta: “Il calcio, nella nostra città, ha un significato di riscatto sociale”

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L'attore ha parlato del club partenopeo
Alessandro Giglio

Peppe Lanzetta, scrittore ed attore, ha rilasciato un’intervista a Radio Goal, in diretta su Kiss Kiss Napoli. Di seguito le sue parole.

Lanzetta: "La squadra ha ritrovato un emblema a cui aggrapparsi con Conte"

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Parthenope? E’ un’opera d’arte di Sorrentino, l’ho visto tre o quattro volte e l’ho trovato straordinario. Napoli, che già ha sofferto una discontinuità col paese, oggi è emersa, ma manca un collante tra chi muove i fili ed il popolo. Vedo i ragazzi napoletani che sono molto smarriti, non hanno riferimenti. Siamo cresciuti con punti di riferimento forti, ma dalla pandemia in poi questo è venuto meno e s’è creata una sorta di vuoto interiore. L’arte può fare tutto. Il Napoli di Conte? Non sono un grande patito di calcio, ma avverto quando le persone hanno una marcia in più. La squadra ha ritrovato un emblema a cui aggrapparsi con Conte. Ma Napoli non è solo calcio, la squadra viene vissuta come una metafora della vita. Osvaldo Soriano diceva che Diego era grande nonostante la droga e non grazie ad essa. Il calcio, nella nostra città, ha un significato di riscatto sociale. Parthenope? Mi ha permesso di migliorarmi come persona, prima di girarlo sono stato col regista e la protagonista in vari step in modo da arrivare alle riprese con un fratellamento. Il risultato è stato ottimo perchè il regista ha saputo gestire gli attori in maniera straordinaria. Parthenope dice qualcosa di meraviglioso sulla nostra città e sui nostri sogni. Blasfemia in Parthenope? C’è stata una polemica che ho stoppato subito, la magia della sceneggiatura è stata quella di usare dei simboli forti rispetto al mito e alla storia della città di Napoli. Così come c’è l’arringa della Ranieri contro i napoletani, così Tesorone, che viene presentato come farabutto, mostra la sua fragilità nei confronti di questa ragazza. Tesorone mette in conto anche un livello di sottomissione rispetto alla ragazza. L’apparente scena di sesso non è blasfema, ma è un atto d’amore magnifico. Anche nel suo essere perverso nessuno addita il Vescovo come un farabutto. Rapporto con mio figlio? Negli anni è stato un po’ conflittuale, non è stato facile essere figlio mio, ma noi non dobbiamo pensare solo a noi, non posso pensare solo al mio orto familiare. Mi sono sentito responsabile quando tantissimi anni fa raccontavo le difficoltà dei ragazzi di Scampia. Oggi bisogna parlare il linguaggio dei ragazzi e portarceli dalla nostra parte. Loro si difendono come possono, i coltelli e le pistole sono prolungamenti del corpo”.