Ogni storia è diversa, ovviamente. Come nelle storie d'amore: a volte ci si lascia pacificamente, a volte si fa pace solo dopo, a volte i modi sono talmente brutti che il rancore lascia spazio all'indifferenza. Ogni storia ha la sua storia.
Però un sapore strano ce l'avevo già nell'anno dello scudetto.
Eravate in due, in campo, leader assoluti di quella squadra: tu e Osimhen. A suon di gol ci avete portato il terzo scudetto, quello che mancava dai tempi di Maradona. Un'impresa talmente epica che vi avrebbe dovuto mettere vicino a San Gennaro. Invece non è successo.
Per carità, tutta la squadra è stata idolatrata. Spalletti e De Laurentiis, tantissimo.
Ma sulle bandiere, sui murali, sugli striscioni... voi comparivate appena.
Quello scudetto è stato dedicato a Maradona, inutile girarci intorno. E perché?
Io una spiegazione me la sono data. Questa piazza è gentile e riconoscente, e non dimentica. Non dimentica i trofei, non dimentica le emozioni in campo. Ma la "cittadinanza onoraria", quella virtuale, non la concede in base ai trofei.
È un fatto tutto nostro. Sono quei piccoli dettagli fatti di rispetto e amore, fatti di impegno e maglia sudata. Non si tratta di mangiarsi la pizza o farsi la foto sul Golfo. È qualcosa di più sottile.
Da Hamsik a Mertens, chi ha realmente voluto bene al Napoli. Non come Kvara
—Quando qualcuno ti capisce e ti vuole bene, quando si sente parte di te e darebbe tutto per te, lo capisci subito.
Hamsik, Callejón, Mertens, Lavezzi. E tanti altri.
Sai quanti sono passati da qui e se ne sono andati? Sai quanti li ricordiamo con affetto? Tanti. Come nelle storie d'amore, magari si litiga all'inizio, ma poi i ricordi prendono il sopravvento.
Poi ci siete voi, i "professionisti".
Nulla da dire, per carità, fate il vostro lavoro. Siete emigranti e non cercate casa. Siete studenti fuori sede. Restate il tempo necessario per prendere quello che vi serve e poi andate via.
Alcuni dicono che questa tifoseria crescerà quando capirà che il calcio è questo. È un punto di vista legittimo, sono fatti.
Però sono fatti anche le storie di chi, nell'andarsene da casa, trova casa. Mette su famiglia. Rispetta il luogo dove è stato e chi lo ha aiutato a diventare importante.
Che gli piaccia la pizza o meno, che si senta napoletano o meno. Sai quante volte è successo qui?
Perciò non è questione di chi ha ragione o torto.
Ognuno ha la sua storia. E sarà quella a dirci se resti o meno nella nostra Storia.
Ti auguro ogni bene, come a Osimhen. Vi auguro di trovare, nel vostro girovagare, una vera casa. Un posto dove non pensi di stare solo a lavorare o guadagnare.
Con gente che vuoi bene e che ti vuole bene. Credo che, per chi fa il tuo lavoro, sia una delle cose più belle. Alcuni sono troppo giovani per capirlo. Altri troppo avidi. Altri, semplicemente, non lo capiranno mai.
Io ti ricorderò con affetto, non fosse altro per la cavalcata di due anni fa.
Ma, per il resto, purtroppo vi vedo come simpatici turisti. Non quelli che si innamorano della città e ci ritornano appena possibile. Ma quelli che capitano tre giorni in un B&B e, mentre scattano le foto, pensano già alla destinazione successiva.
Kvara, la parte più dolorosa. Perché a gennaio?
—La tua situazione era prevedibile e, tutto sommato, compresa: sia l'esigenza dell'adeguamento contrattuale che il fascino delle sirene di ingaggi monstre. P'ammore 'e ddio.
Lo ripeto: "P'ammore 'e ddio". i soldi sono soldi, e forse chiunque avrebbe fatto questa scelta.
E finché il club incassa la cifra giusta da reinvestire, non c'è nulla di male.
Però, sto fatto che avviene a gennaio...
Questi piedi puntati a campionato in corso... Agge pacienza, nun se ne scenne. Ma è un fatto mio.
Da noi si dice: "T'attigge e t'amarigge, ma te canosceno a Parigi?"
Riferito a chi si dà arie, ma il valore è ancora tutto da dimostrare.
Ecco, io sono sicuro che a Parigi ti conoscono. Nel senso che sei forte.
Buona fortuna. Io il tuo nome, lo confesso, non ho mai imparato bene a pronunciarlo.
E, secondo me, bbuon aggio fatto".
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