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Il solito Mou: “La tattica conta se c’è meno talento! Lo sport è fatto per vincere”

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José Mourinho è un ottimo comunicatore e sa portare il discorso verso le sue idee e i suoi princìpi, affrontati quasi integralmente nella sua intervista a Il Corriere dello Sport
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Quest'oggi è stata pubblicata dal collega Ivan Zazzaroni de Il Corriere dello Sport una strepitosa intervista a José Mourinho, in cui il tecnico portoghese si è aperto a tutto tondo sul suo modo di vedere il calcio e i suoi colleghi. Elogi ad Ancelotti e attacchi ai social e agli allenatori che vedono solo "tattica" e nessuna "strategia", oltre alla solita discussione sulla classe arbitrale. Di seguito un estratto interessante a riguardo.

Mourinho a tutto tondo

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"Lo sport è fatto per vincere, anche se sei in una squadra di minore qualità o in uno sport individuale. Quando Jacobs affronta sui 100 un ragazzino che fa 12 e 5, il ragazzino sa di non avere la possibilità di batterlo, tuttavia quel giorno Jacobs potrebbe fermarsi dopo 10 metri e il ragazzino avrebbe un’opportunità da sfruttare. Non si parte mai per non vincere, ogni volta che sento parlare di qualità senza vittorie dico che si tratta di una delle tante bugie di un mondo in cui sono spariti la meritocrazia, il pragmatismo dei risultati e la crudeltà della sconfitta.


Sfruttando la potenza del social media vengono fatti passare concetti e valutazioni drogati. Si spacciano per grandi allenatori personaggi senza titoli, invece io credo che il valore corretto lo determini la carriera. Quando finirà la generazione di Carlo, la mia e di altri della stessa età che hanno vinto tanto, dubito che ritroveremo carriere altrettanto lunghe e di successo. I nuovi fenomeni verranno masticati in fretta. Oggi l’allenatore bravo arriva con più velocità e con la stessa velocità viene sostituito da altri fenomeni passeggeri. Prima era il pragmatismo dei risultati che rendeva bravo un allenatore, era la crudeltà di una sconfitta che costringeva un professionista ad andare in A, B, C a battagliare per cercare di tornare a quel livello".

Sulla tattica "È importante, ma i giocatori non devono essere schiavi della tattica, più bravi sono i giocatori e più sono liberi di esprimersi. Quando hai una squadra meno talentuosa il lavoro tattico deve aumentare, perché i giocatori devono imparare a nascondere i problemi. Io preferisco sempre parlare di strategia, che è una cosa diversa, di piano di gioco. La squadra in cui ho lavorato meno tatticamente è stato il Real Madrid: 100 punti, 34 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte, 121 gol segnati e più 88 di differenza reti. Di Maria, Higuain, Benzema, Ronaldo, Xabi Alonso, Modric, Özil. Lavoravo sulla disciplina e sui principi di gioco. Dove ho spinto di più sulla tattica è stato con il Porto e con la Roma".

Su Ancelotti e altri colleghi"Amo l’allenatore di carriera, io stesso lo sono. Se mi dicono che quel tale è bravissimo, rispondo “vedremo, speriamo, speriamo che lo diventi”. Però non mi dite che è bravo uno che allena da due anni o uno che ha anche vinto qualcosa nel primo, perché per me essere grande è avere una carriera e tanti titoli, non è allenare un anno o due e poi sparire. Ancelotti ha vinto la prima coppa internazionale nel 2003 e l’ultima nel 2023, io la prima nel 2004 e l’ultima nel 2022, è una cosa straordinaria. Dopo diciotto, vent’anni sempre primi. Carlo per me è un grandissimo. Il bravo di oggi io lo voglio rivedere domani".