Quando arrivi in una nuova squadra, qual è l’aspetto determinante per entrare nella testa dei calciatori?
"L’aspetto determinante è il 'noi': deve sparire l’'io' e l’egoismo. Con il singolo non vai da nessuna parte, è la squadra che ti porta a vincere o perdere. È ovvio che in una squadra hai giocatori di talento e devi esaltarli, ma sempre per il bene di essa. Devi eliminare quel tipo di giocatori che lavorano con l’'io', perché io non ci vado d’accordo".
"Amma’ faticà" è diventato il motto per caricare la sua nuova squadra…
"È un motto che mi porto sempre dietro. Ricordo benissimo che i giornalisti inglesi alla mia prima conferenza al Chelsea non so quante volte contarono le parola 'lavoro' e 'lavorare': rimasero sorpresi. Non ho detto niente di diverso: noi dobbiamo lavorare e l’unico modo che conosco per arrivare al successo è attraverso il lavoro. È un percorso da fare e dove dobbiamo essere bravi, disciplinati e credere in quello che stiamo facendo, anche nei momenti di difficoltà".
Agnelli alla Juve, Zhang all’Inter e De Laurentiis al Napoli. Sono i suoi ultimi tre presidenti in Italia, è più facile confrontarsi con chi sa come si vince o è più difficile?
"La storia è importante in generale, perché a volte sulla storia può esserci della polvere sopra, ma può darti una grossa mano. Ho avuto il piacere di avere due presidenti molto giovani che hanno vinto e l’hanno fatto per la prima volta con me, perché non ci erano mai riusciti. Abbiamo scritto la storia insieme, mi riferisco ad Agnelli e Zhang. Il presidente De Laurentiis ha vinto due anni fa uno Scudetto. Come in tutte le esperienze precedenti, metterò sempre a disposizione la mia passione, le mie esperienze e le mie competenze per aiutare il più possibile. Sapete che vince una sola, ma si può costruire qualcosa di buono per il futuro anche senza vincere".
Più importante l’arrivo dei singoli o il lavoro sul collettivo dopo un’annata come lo scorso anno?
"Non è un mio discorso personale quello secondo cui le migliori difese vincono i campionati, basta guardare l’Inter l’anno scorso. Difficilmente chi vince qualcosa di importante non concede tanto. Allo stesso modo, sicuramente, poi devi avere il primo o il secondo miglior attacco anche: bisogna essere molto bilanciati ed equilibrati. Se non sei bilanciato in entrambe le cose, non vincerai mai niente".
Come vorrebbe che venisse ricordato tra qualche anno Antonio Conte?
"L’importante è riuscire ad emozionare le persone. Se dai tutto, la gente si ricorderà di te, di quello che hai fatto. Poi è chiaro che, quando cambi squadra, è sempre un po’ particolare per un tifoso, ma noi dobbiamo essere ricordati per aver dato tutto per la maglia e per il club".
Si dice spesso che i cicli di Conte sono massimo triennali, a Napoli può essere diverso?
"Questo non lo posso dire. Tanti allenatori dicono che, dopo tre anni, o cambi allenatore oppure cambi tutti i calciatori. Allenatori che hanno fatto la storia del calcio dicono questo. Ma è chiaro che, quando inizi un ciclo, vuoi e speri che duri più a lungo possibile, anche perché, quando lavori, costruisci tanto e lasci una bella eredità agli altri".
Chi vince lo Scudetto?
"Sono molto concentrato su di noi. Non voglio fare griglie o dire chi vince. Stiamo costruendo a Napoli qualcosa di importante: dobbiamo parlare poco e fare tanti fatti. I fatti si fanno vedendo a Castel Volturno ogni giorno, dando il massimo".
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