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Carnevale shock: “Mio padre uccise mia madre, ecco chi è stato la mia salvezza”

Domenico D'Ausilio
Domenico D'Ausilio Vice caporedattore 

L'ex attaccante del Napoli ha rilasciato una intervista a Repubblica raccontando un episodio che ha segnato la sua vita

Andrea Carnevale, ex attaccante del Napoli, ha rilasciato una intervista ai microfoni di Repubblica. Il quotidiano racconta come il papà dell'ex calciatore uccise la moglie quando il ragazzo aveva 13 anni. Il padre Gaetano, ex manovale delle Ferrovie dello Stato, uccise la moglie Filomena, da cui aveva avuto sette figli, mentre lavava i panni nel fiume che sfocia nel lago di Fondi. Gaetano, anni dopo, si suicidò nel manicomio criminale di Aversa.

Carnevale sulla mamma uccisa dal padre e i guai con la legge

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"Mi fa male quando leggo dei femminicidi, di queste donne picchiate, violate. Mi ricordo di quando, in paese, parlavamo con i carabinieri di quello che succedeva a casa e ci dicevano: “Se non vediamo il sangue….”. Cosa potevo, cosa potevamo fare? Poi, quel giorno, il fiume si è colorato di rosso. Ho detto al maresciallo: “Questo è il sangue che volevi”. Ma non sono morto. Non sono morto. Ho fatto la mia vita".

Prima, a ottobre 1990, il doping e la squalifica con Peruzzi per l’assunzione di uno stimolante, la fentermina, presente nel Lipopil, che si prendeva per perdere peso.

"Me ne assumo la responsabilità totale. Ero capocannoniere delcampionato, 5 gol in 4 partite, quando mi dissero del doping caddi dalle nuvole. Dalla Federazione mi rassicurarono: “Prenderai uno o due mesi di squalifica”, la quantità era irrisoria, zero virgola. Invece mi diedero un anno, una mazzata. Mi perquisirono, ci fu il processo penale. Il pm disse: “Abbiamo trovato a casa sua questo prodotto”. E il giudice:“Ah, quelle vitamine, le prendo anche io”. Fui assolto".


Nel 2002 l’arresto con l’accusa di detenzione e spaccio di cocaina.

"Una telefonata che non dovevo fare, un millantatore che mi accusò, la mia solita ingenuità. Ma figuriamoci se mi mettevo a spacciare droga. Un periodo tremendo: un mese ai domiciliari, anni di processi. Volevo liberarmi e chiesi di patteggiare al mio avvocato, Franco Coppi: “No, Andrea, non hai fatto niente, devi uscire innocente dal tribunale”. Aveva ragione, fui assolto. Devo ringraziare lui e la famiglia Pozzo, che mi ha voluto all’Udinese: la mia salvezza. È stato come rinascere, perché mi ero perso e avevo perso una moglie e i miei due figli".


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