Federico Buffa, giornalista, ha rilasciato un intervista al Corriere del Mezzogiorno in cui parla di Maradona raccontando diversi aneddoti sulla sua carriera. Di seguito un estratto dell'intervista.


interviste
Buffa: “Maradona ha sempre avuto un sogno. Quando al San Paolo si tifò Argentina…”
Buffa: "A Napoli parlerei solo di Maradona. Ho scritto uno spettacolo intero per lui"
—"Diego veniva da una famiglia di peronisti che si era trasferita a Buenos Aires proprio per seguire Perón. La madre, Salvadora Franco, conosciuta come 'Donna Tota', era una grande ammiratrice di Evita Perón e volle partorire in un ospedale che portava il suo nome. Il più vicino era a Lanús, e Diego nacque lì. Peronista anche lui, già da bambino. Un giorno, da giovanissimo calciatore, il bus su cui viaggiava con il padre venne fermato dai miliziani. Volevano sapere se c’erano peronisti. Poi videro Maradonacon un pallone in mano. 'Perché?', chiesero. Il padre rispose: 'Perché mio figlio è un calciatore'. 'Faccelo vedere'. Diego prese il pallone e palleggiò ininterrottamente per dieci minuti. I miliziani li lasciarono andare. Maradona era peronista, ma per lui il sogno da bambino di vincere il Mondiale era importantissimo".
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Diego è argentino o Napoletano?
—"Incarnava entrambe le cittadinanze e le ha scelte tutte e due. È stato il non-napoletano che ha rappresentato di più Napoli nel mondo. L’ha difesa e gliela hanno fatta pagare. Italia '90. Al San Paolo c’è la finale Italia-Argentina. Per chi tifano i napoletani? I pareri sono contrastanti. Paolo Sorrentino racconta che durante l’intervallo, quando si sentirono dei fischi contro Diego, il padre gli disse di tifare Argentina e così fecero molti altri. L’albiceleste vinse ai rigori e l’ultimo fu tirato da Diego. Quando qualcuno gli chiese perché i napoletani avessero tifato per lui, rispose: “Andiamo su tutti i campi d’Italia e ci gridano ‘colera’, ‘sporchi’, ‘Vesuvio, lavali col fuoco’. E ora volete che tifino per voi?”. Gliela fecero pagare. Alla finale di Roma fischiarono l’inno argentino. Poi, nel 1991, il controllo e la cocaina. Quando tornò, al Mondiale americano, perché gli Usa lo volevano per business, ci furono il controllo, il doping e la squalifica. Da quel momento Diego è diventato non solo il paladino di Napoli, ma l’icona di tutta la gente onesta contro i farabutti. Sono stato più volte nei vicoli della città, al murale dei Quartieri Spagnoli. A Buenos Aires sono stati censiti 350 murales di Diego. A Napoli si può partire da quella cifra ma poi le sue immagini sono incalcolabili".
Come nasce il rapporto tra Sivori e Maradona
—È il 1978. Si gioca il Mundial in Argentina. Ricordate quella famosa intervista di Diego bambino nella favela, in cui dice: “Sogno di giocare il Mondiale e di vincerlo”? Per lui era la cosa più importante. Ma l'allenatore dell'albiceleste, Menotti, non lo convoca. Maradona cade in una profonda tristezza. A quei tempi, in Argentina, non si poteva parlare di politica a causa della dittatura. Era il calcio l'argomento più discusso. Così El Grafico, il più importante giornale sportivo, ha un’idea: mandare un personaggio famoso ad intervistare Diego. La scelta cade su Sivori. Quando gli parla, Omar gli spiega che non deve disperarsi e gli dice una cosa che a Diego si stampa per sempre nel cuore: “Escuchame Pibe... Vos tenés la verdad del fútbol adentro y toda una vida para mostrarla”. Maradona non lo dimenticherà mai. Anche quando vince il titolo in Messico nel 1986, il suo rammarico è per il 1978. “Volevo vincere quello”.
Buffa racconta un retroscena sulla tripletta di Sivori che mando il Napoli in B nel 1961
—"I due si rincontrano nel 1961. Cesarini, famoso per la zona Cesarini, gol segnati all’ultimo minuto, allena il Napoli. Sivori è il campione della Juve e deve giocare con i bianconeri al San Paolo. Se il Napoli perde va in serie B. Omar non vuole giocare, non vuole andare contro il suo maestro che considera come un padre. Cesarini lo viene a sapere e va da lui. “No, tu devi giocare perché devi dimostrare quello che sei”. Sivori gioca, segna tre gol, la Juve vince 4-0 e il Napoli finisce in B. “Mi dispiace” dice a Cesarini. E lui: “A me no, hai dimostrato quel che sei e che non mi ero sbagliato sul tuo valore".
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