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interviste
(Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)
Bruno Giordano c'era, trentasei anni fa, quando il Napoli vinse con Maradona il suo primo scudetto. Trentasei anni, che diventano trentatré, considerando il secondo scudetto conquistato nel 1990, di attesa ed emozioni. Una vita intera o quasi, fatta di sogni cullati, infranti, coccolati ancora. Oggi l'indimenticato azzurro ha rilasciato una bella intervista al Corriere dello Sport.
Ecco quanto, delle sue parole, evidenziato dalla nostra redazione: "(La sera del 9 maggio 1987, e la mattina del 10, ndr) Pensavo al tunnel del San Paolo. All’effetto che mi avrebbe fatto salire gli scalini, entrare in campo, vedere quel muro umano, emozionarmi. Quando venne l’ora e ci avviammo, avevo Lele Oriali al mio fianco, era frastornato quanto me e lo confessò: non ho mai visto niente del genere. Eravamo in ritiro a Soccavo, Maradona metteva la musica a palla, non riuscivamo a dormire. Bianchi ogni tanto veniva fuori: ragazzi, provateci, andate a letto. Facevamo i bravi per dieci minuti, poi ricominciavamo, magari girando per le stanze. Non si chiuse occhio. E anche stavolta, anche se il calcio è cambiato e i giocatori staranno a casa loro, non riusciranno ad addormentarsi. Stanno per riscrivere la storia (...)
Nessuno, dico nessuno, poteva pensare che avrebbe vinto lo scudetto. Nessuno, e ridico nessuno, avrebbe pensato che ci sarebbe riuscito - o potrebbe farcela - con sei partite di anticipo. Non è ancora matematica, la Salernitana ha le sue motivazioni, non sarà facile, ma può succedere (...) Differenze e analogie tra il Napoli dell'87 e questo di oggi?Il Napoli di oggi non ha Maradona ma ha avuto un presidente coraggioso, capace di andare avanti per la propria strada e di credere nel progetto, meraviglioso, attuato con decisione. E De Laurentiis ha trovato in Giuntoli una specie di mago, perché puntare su Kvara e Kim testimonia capacità fuori dal normale. Al tandem è stato aggiunto Spalletti, semplicemente straordinario. La sua squadra è diventata un modello europeo, mai sazia, mai paga, un concentrato di spettacolo in Italia e in Champions, partite che restano.
Un volto su tutti in questo Napoli? Si fa torto a tutti gli altri, ma ci provo. Mi verrebbe da dire Spalletti, che ha inventato un gioiello raro. Un campionato stravinto in questo modo dà il senso della forza e pure quello della bellezza. E poi Osimhen, che è migliorato in maniera impressionante grazie al lavoro fatto su di lui dall’allenatore: non lo fermi quasi mai, non lo prendi, non sai cosa sta per inventarsi. E segna, segna, segna. Non era facile andare in giro con il peso di quella maglia. Osimhen è il centravanti del club dei Vinicio e degli Jeppson, dei Clerici e degli Altafini, dei Careca e dei Carnevale, dei Savoldi e degli Higuain, dei Mertens e dei Cavani, e se dimentico qualcuno me ne scuso. Pensi un po’ che responsabilità: essere degno di questi predecessori. E si è superato
Dove sarò domenica? Sarò chiaramente a Napoli, assorbirò l’atmosfera, andrò in diretta in tv e poi mi godrò la felicità. Io so cosa si prova, ci sono passato, e sono felice che adesso tocchi a loro. Non c’è stata partita, non ci sono state rivali, schiantate tutte, come dice la classifica. C’è stata una supremazia imbarazzante che non ha caso ha definito un vantaggio leggendario".
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