Certo, siamo qui per questo…
«Sono arrivato nel 1958, con il titolo mondiale, anche se avevo giocato poco, quell’anno esplose Pelé. Avevo vent’anni, ho giocato la prima contro la Triestina e la seconda a Napoli, al Vomero. Stadio bello e difficile, non era facile vincere. Noi ci siamo riusciti:1 a 0,gol del mio coscritto Danova, classe 1938. Lo chiamavano Pantera. Non ho fatto gol, ma nel ritorno a San Siro, amisci…».
Cos’è successo?
«Vinto sei a uno. Sei, dico. E io ne ho fatti due. Poi due Grillo, il mio amico argentino. Poi Danova e Bean. No, Liedholm non ha segnato, ha fatto l’autorete. Eravamo uno squadrone: c’era Nils, Schiaffino, Cesare Maldni. Un sacco di bella gente, abbiamo vinto lo scudetto. Io ho segnato 28 gol, ma non sono bastati: Angelillo ne ha fatti 33 con l’Inter. Allora si segnava, c’erano Hamrin, Montuori, Firmani, John Charles. Eh, una bella lotta…».
Ha giocato con Milan e Napoli. I ricordi più belli?
«Nel Milan ho vinto tutto, anche la prima Coppa dei Campioni e mi sono divertito, tranne l’ultimo anno. Nel Napoli mi sono divertito tantissimo e vinto pochissimo. Però io e il mio amico Sivori, quando la squadra era appena salita dalla B, siamo arrivati terzi. Mica male. E abbiamo vinto anche una coppetta, quella delle Alpi. Non un granché, ma buttala via».
Nel Napoli si è divertito tantissimo perché c’era Pesaola?
«Una meraviglia, el Petisso era l’allenatore. Ci avevo anche giocato contro nella prima partita al Vomero. Bravo conoscitore del calcio e dei calciatori».
Al Milan un po’ meno allegria. Perché?
«L’ultimo anno, eh... Solo l’ultimo anno con quella storia che non mi va di raccontare. Diciamo che mi ha mandato via Gipo Viani, mi ha messo sul mercato e io sono andato a Napoli».
Ma sarebbe rimasto?
«Certo. Mi hanno ceduto, anche perché non era più possibile andare avanti in quel modo. Avrei fatto qualche gol in più, magari ancora al Napoli».
In tutto, da rossonero, quante reti ha fatto agli azzurri?
«Quattro. Dopo la doppietta dell’esordio, altre due al San Paolo: una volta abbiamo vinto 2-1 e l’altra 5-1.Quando ho segnato, il Milan ha sempre vinto. E in ogni caso un po’ di spettacolo c’era sempre. E continuerà ad esserci, lotteranno per lo scudetto e andranno in Champions».
E da napoletano ricorda i suoi gol al Milan?
«Sì, purtroppo. Ed è andata malissimo. Primo anno, 1965-66, alla quinta andiamo a San Siro e ne becchiamo quattro. Oh, una cosa che non ti dico. Rivera,con due gol, ci ha steso. Io ho fatto quello dell’1-4. E poi con la maglia del Napoli al Milan non ho più segnato. Nel ritorno però ci ha pensato Omar. A due minuti dalla fine il magico Sivori ha fatto venir giù il San Paolo. Lui, quando si metteva, diventava implacabile: un attore, un istrione. Grande passione in quel Napoli. C’era lui, io, Juliano, Cané».
Altafini, sette anni al Milan, sette anni al Napoli. Perché ha lasciato il San Paolo?
«Perché il contrattomi era scaduto. Mi volevano al- tre squadre: Fiorentina, Roma, Sampdoria e Juve. Sono andato alla Juve perché volevo tornare a fare la Coppa dei Campioni, ci sono rimasto quattro anni. Ma di Napoli conservo ricordi stupendi, soprattutto mia moglie. Siamo stati molto bene. Anche se…».
Se?
«Non ho più avuto rapporti calcistici. Né con il Napoli, né con la Juve».
E con il Milan?
«Non si sono mai interrotti».
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