«Esattamente, perché siamo in un ambito di oggettivazione della condotta. Conta quello che ha detto, non l’intenzione con cui l’ha fatto».
Cosa potrà decidere il procedimento a livello probatorio?
«Al momento sembra la parola di uno contro quella dell’altro. La Procura Figc probabilmente raccoglierà testimonianze e poi ci sono i filmati tv che posso offrire qualche ulteriore elemento. Siamo, però, in una situazione diversa da quella occorsa in uno dei procedimenti più noti in materia di razzismo sul campo in Italia: la squalifica di 10 giornate a Marconi per le offese razziste a Obi in Pisa-Chievo del 2020. In quel caso c’erano molte testimonianze da parte dei calciatori della panchina del Chievo. Però quella sentenza ha delineato anche un altro principio interessante».
Quale?
«Nella sentenza della Corte Federale di Appello veniva data rilevanza al fatto che non esistevano motivi di rancore precedente tra Marconi e Obi. Quindi che motivo avrebbe avuto Obi di inventarsi la frase attribuita a Marconi: “È la rivolta degli schiavi”. Tale aspetto potrà essere valorizzato anche in questo caso in cui non risulterebbero situazioni conflittuali tra Juan Jesus e Acerbi».
Esistono attenuanti per far scendere al di sotto delle 10 giornate l’eventuale squalifica di Acerbi?
«Il fatto di avere chiesto scusa, come riconosciuto dallo stesso Juan Jesus a fine partita. Anche se le dichiarazioni di Acerbi del giorno dopo suonano un po' come una marcia indietro».
Su cosa potrebbe puntare la difesa di Acerbi?
«Difficile esprimersi non avendo esaminato gli atti del procedimento. Di certo vi sono una serie di elementi combinati che rendono particolarmente complessa la difesa del calciatore. Ma tutto può succedere, anche che venga dimostrato che Acerbi abbia detto una frase diversa, come oggi sembra sostenere».
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