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TALLINN, ESTONIA - AUGUST 15: FIFA President, Gianni Infantino in conversation with UEFA President Aleksander Ceferin during the UEFA Super Cup between Real Madrid and Atletico Madrid at Lillekula Stadium on August 15, 2018 in Tallinn, Estonia. (Photo by Alexander Hassenstein/Getty Images)
Il 2022 è iniziato da soli due giorni ed è già guerra tra Uefa e Fifa. I due colossi del calcio mondiale ed europeo si scontreranno su diverse questioni che non hanno trovato sfogo nel 2021.
Di seguito il focus scritto da "La Gazzetta dello Sport" su tutte le questioni da risolvere nei prossimi mesi:
Gianni Infantino, presidente Fifa, ha individuato il prossimo obiettivo: il Mondiale da giocare ogni due anni. Il progetto era pronto: approvazione il 20 dicembre in un Congresso straordinario, poi via dal 2024. Qualificazioni raggruppate in un paio di mesi all’anno, se possibile anche Europeo, Copa America e altri tornei continentali biennali, più ricavi. Non si aspettava l’opposizione così decisa di Uefa e Sudamerica, preoccupate che un Mondiale così frequente sottragga fondi e importanza ai loro tornei, oltre a essere di difficile collocazione, intasare il calendario, stravolgere le qualificazioni e far perdere sacralità a una manifestazione totem attesa perché rara. Tempi lunghi.
La Fifa punta al “sì” al Congresso di fine marzo. La situazione è chiara: i “no” contano 65 voti, ma i “sì” potrebbero essere oltre 140, sufficienti per l’approvazione. Ma a che prezzo? Gli altri “contro” (Stati, Ue, Cio, federazioni, Leghe, Eca) non votano. Uefa e Sudamerica giurano che non parteciperanno e si sono alleate per farsi il loro Mondiale (la Nations League internazionale dal 2024) e la loro Intercontinentale (la Finalissima tra campioni continentali che debutta il 1° giugno con Italia-Argentina). Stanno anche pensando di rilanciare il Mondiale per club che d’improvviso la Fifa pare aver cancellato dalla sua agenda.
Se lo scisma Fifa-Uefa al momento è soltanto un ipotetico (e drammatico) scenario, quello tra Uefa e grandi club stava per consumarsi la notte tra il 18 e il 19 aprile: dodici club, guidati da Real Madrid, Juve e Barcellona, proclamarono a sorpresa la Superlega che nelle loro intenzioni doveva affiancarsi alla Champions. Naturalmente non esiste affiancamento di sorta: se esistesse una Superlega, al massimo ci sarebbe spazio per un’Europa League da operetta, al confronto di un torneo privato con le 20 migliori d’Europa, organizzato in due gironi all’italiana e poi eliminazione diretta. Piccolo problema: in Europa un torneo “chiuso” non è ammesso. Diversamente dal sistema americano, servono promozioni e retrocessioni.
Dopo il famoso annuncio shock, 9 fondatori su 12 hanno lasciato, ma Florentino, Agnelli e Laporta hanno continuato la battaglia fino alla Corte di Giustizia Ue. Il caso è in discussione, la sentenza attesa entro fine 2022/inizio 2023. La Corte deve rispondere al quesito se l’Uefa è un monopolio che viola i principi di libera concorrenza. Si sono schierati tutti con Nyon: federazioni, Leghe, Eca, giocatori, Commissione Ue, Stati.
Se nascesse una Superlega da oltre 20 partite all’anno, anche i campionati sarebbero degradati. Aleksander Ceferin, presidente Uefa, è fiducioso anche perché non avrebbe senso una Superlega senza Bayern e Psg (contrari) e le inglesi (il governo negherebbe il permesso di lavoro agli stranieri dei club partecipanti). Sarebbe un calcio solo di ricchi, una rivoluzione totale. Altro che Bosman.
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