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Fonseca (Photo by Getty Images)
Paulo Fonseca sta vivendo (o meglio ha vissuto ndr) in prima persona, da cittadino, ciò che sono stati i primi giorni di crisi Russia-Ucraina. Per fortuna il tecnico è riuscito a scampare dal pericolo per sé e i suoi familiari, ma la situazione è stata più che critica. Quest'oggi la Gazzetta dello Sport è riuscita a raggiungerlo via video.
Di seguito un estratto dell'intervista alla Gazzetta dell'ex tecnico della Roma:
"Non sono un politico, ma ad esempio sono favorevole alla “no fly zone”. È vero che hanno l’atomica, ma stiamo lasciando diventare Putin troppo forte, perché lui sente la paura della comunità internazionale. Eppure, se non si ferma adesso, sarà più difficile farlo dopo. Il peggio deve ancora arrivare".
Sulla posizione dell'Occidente
"È facile dirlo da lontano. Se i russi invadessero l’Italia o il Portogallo, noi non combatteremmo? Non c’è niente di più prezioso della libertà. Tanti Paesi ora hanno paura. Georgia, Moldavia, i Baltici, la Polonia: se Putin vincerà questa guerra, sarà un guaio per tutto il mondo".
Sulla fuga da Kiev
"Un incubo. Era il 24 febbraio e dovevo partire alle 10 per il Portogallo con la famiglia, quando alle 4.30 abbiamo sentito cadere le prime bombe. Nei bunker i bambini dormivano per terra nei sacchi a pelo. Avevamo paura. Poi la mia ambasciata ha organizzato un mini-van e in tre famiglie siamo partiti verso la Moldova. È stato un viaggio terribile. Trenta ore senza fermarsi mai, incolonnati a volte a 5 km/h. Solo quando sono arrivato al confine con la Romania ho cominciato a rilassarmi, ma si fa per dire. Mia moglie piange in continuazione".
Sulla Roma di Mourinho
"Non voglio fare paragoni. Situazioni diverse, investimenti diversi. Abraham, ad esempio, è fortissimo. Dico solo che, nonostante la pandemia e il cambio di proprietà, avevamo una nostra identità ed eravamo una delle squadre che giocavano meglio. Ma consentitemi di ringraziare i tantissimi tifosi della Roma che mi hanno scritto in quei giorni drammatici, così come lo hanno fatto tanti calciatori, i dirigenti e gli stessi Friedkin".
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