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Mauro: “SuperLega? Uefa e Fifa devono dare maggiori garanzie ai top club”
Due giorni fa, SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Massimo Mauro, ex giocatore di Catanzaro, Juventus, Napoli, Udinese, ex dirigente sportivo e attualmente opinionista televisivo. Tra i tanti temi affrontati, Mauro ha ricordato il suo esordio in Serie A, nel 1980, con la maglia della sua città, quella del Catanzaro, e le emozioni provate nel giocare al fianco di campioni come Zico, Platini e Maradona. L’ex centrocampista calabrese ha poi affrontato il tema più caldo di questi giorni, ovvero quello della SuperLega, analizzando le possibili cause, i rischi e le conseguenze di una competizione che si rende indipendente dalla Uefa e dalla Fifa e che, in queste ultime ore, sembra essere un progetto ormai abbandonato a causa dell’uscita dal torneo di quasi tutti i club che avevano inizialmente aderito.
Massimo, hai esordito in Serie A con il Catanzaro, nell’aprile del 1980, contro il Milan. Che effetto ti ha fatto esordire nella massima serie, contro una squadra del calibro del Milan e, per di più, con la maglia della tua città?
Nella mia carriera, non c’è stata soddisfazione migliore di giocare con la maglia della mia città. Le due annate successive a quella del 1980, poi, sono state ottime per il Catanzaro: arrivammo ottavi e poi settimi in classifica di Serie A. Ho avuto modo di giocare con i miei idoli, con quei giocatori che già erano in squadra tre o quattro anni prima del mio arrivo, come Palanca e l’attuale allenatore della Sampdoria Claudio Ranieri, allora capitano del Catanzaro. Giocare insieme a loro, indossando la maglia della mia città, è stata un’esperienza meravigliosa.
Hai indossato la maglia di due club importanti, quali Juventus e Napoli, e hai giocato al fianco di campioni come Zico, Platini e Diego Armando Maradona. Hai un ricordo particolare legato a queste tre figure iconiche del calcio?
Loro tre sono stati i giocatori più bravi di tutti. Nessun giocatore contemporaneo ha ancora raggiunto il loro livello. Per questo motivo, posso dire di aver vissuto un’esperienza pazzesca. Ogni giorno, imparavo tantissimo da questi campioni: dal come ci si comportava in campo al rapporto con compagni e allenatore. Ero consapevole della fortuna che avevo nel giocare insieme a loro, e infatti non mi sorprende che tutti mi chiedano sempre di Zico, Platini e Maradona: credo sia giustissimo chiedere di loro, perché è giusto che venga riconosciuta la grandezza di questi tre campioni.
La SuperLega ha spaccato in due il mondo del calcio. Due giorni fa, ospite nella trasmissione tv spagnola “El Chiringuito”, Florentino Perez ha spiegato in che modo questa nuova competizione slegata dalla Uefa possa “salvare il calcio, destinato altrimenti a soccombere entro il 2024”. Quali sono i rischi reali di una competizione indipendente di questo tipo?
Ci sono un po’ di situazioni da ponderare. Io mi dichiaro contrario alla SuperLega, ma dico anche che mi piacerebbe essere smentito con i fatti: se i grandi club riuscissero a risolvere i problemi finanziari senza svilire il valore tecnico, sociale e sportivo dei campionati nazionali, allora ben venga la SuperLega. Tuttavia, credo sia davvero molto complicato riuscire a far tutto questo. D’altronde, si aggiunge una nuova competizione a quelle già esistenti, e le società avrebbero la necessità di disporre di due squadre per competere in tutte. Mi sembra velleitario. Un altro discorso è quello di voler essere presenti nelle “stanze dei bottoni”, quelle in cui si contrattano i diritti televisivi, quelli relativi ai Mondiali, alla Champions League, dove si stipulano i contratti di sponsorizzazione, di marketing. Questo lo considero un diritto sacrosanto, che va riconosciuto ai grandi club. Nelle governance delle cose importanti, ci devono essere gli uomini delle squadre più importanti. Su questo non c’è dubbio. Tuttavia, i presidenti dei top club devono delegare il governo di queste cose ad un manager, che deve essere sì supportato e controllato, ma che deve agire poi in piena autonomia, proprio come succede nell’NBA.
Quali sono stati i motivi che hanno spinto queste 12 società a creare una lega indipendente?
I debiti. Questi club hanno perso tantissimi soldi in questi anni, principalmente perché rincorrono l’aumento dei costi per prendere giocatori e per farsi concorrenza sui giocatori. I responsabili di tutta questa situazione sono i presidenti, che adesso possono scaricare le colpe sul Covid e sulle sue conseguenze, ma i debiti ci sarebbero stati anche senza la pandemia. Per ovviare a questi problemi di natura economica, si è pensato alla creazione di questo nuovo torneo, la cui idea di base è quella di ricavare più soldi dai diritti televisivi: infatti, la proposta della JP Morgan viene dall’idea della vendita dei diritti televisivi della Super Lega a qualcuno. Tuttavia, se si continuerà ad aumentare i costi, finiranno anche i soldi della SuperLega. È immorale, è impensabile che qualcuno possa guadagnare 30 milioni netti all’anno da una squadra di calcio. Lo stipendio deve rientrare entro una certa soglia. Poi, si è liberissimi di fare contratti di pubblicità, di marketing, di produrre e commercializzare magliette, scarpe e occhiali, ma una società di calcio non può garantire 30 milioni netti annui.
Alla luce di tutto questo, quale sarà lo scenario futuro per le squadre medio-piccole? Si è snaturato il principio più profondo di questo sport?
Io non so se gli imprenditori-manager abbiano mai capito il senso profondo di cosa significhi indossare una determinata maglia, di vincere o di perdere. Spesso si dice che “l’importante è vincere”, ma non è così: l’importante non è soltanto vincere, ma dare tutto quello che si ha per vincere. In questo caso, se non si riesce nell’impresa, si è fatto ugualmente del proprio meglio; al contrario, la vittoria come unico obiettivo stressa qualsiasi rapporto, sia esso con cose o persone. Questo porta inevitabilmente a spostare il baricentro verso gli interessi economici, dimenticandosi dei meriti e delle precise identità delle squadre, poiché conta soltanto quanti soldi si guadagnano alla fine dell’anno. Non dovrebbe essere così, perché il merito dovrebbe avere la priorità su qualsiasi altro parametro. Per tanto tempo, il campionato italiano ha garantito la meritocrazia. Adesso non saprei, visto l’andamento dell’ultimo decennio.
La Uefa ha dichiarato che i club che giocheranno in SuperLega non giocheranno nei propri campionati e nelle rispettive Nazionali. Si tratta di un rischio reale o è difficilmente attuabile un provvedimento del genere?
Ci troviamo in una situazione in cui sono in gioco gli interessi del calcio mondiale, di manifestazioni sportive che rappresentano la storia e la cultura del mondo, non solo di quella italiana. Io credo che la FIFA e la Uefa facciano bene a difendere gli interessi delle competizioni che organizzano, cioè Mondiali, Europei e Champions League. Tuttavia, FIFA e Uefa devono rendersi conto che se è possibile chiudere contratti che generano soldi, è soltanto perché ci sono grandi club come Real Madrid, Juventus ecc. Per questo motivo, è giusto che FIFA e Uefa consentano agli uomini di questi grandi club di essere presenti nelle “stanze dei bottoni”. A mio avviso, ciò potrebbe garantire e generare molti più soldi. Al contrario, creare una lega indipendente e giocare un altro campionato diventa impossibile, e di conseguenza la reazione di Uefa e Fifa è quella di intimare l’esclusione dei giocatori che prenderanno parte a questo torneo dai propri campionati e dalle rispettive Nazionali. Io credo siano capaci di mantenere la parola.
Chiudiamo con una domanda sulla Serie A: la corsa scudetto è definitivamente chiusa?
Sì, l’Inter è troppo forte e nessuna squadra è riuscita a mantenere il passo dei nerazzurri. Sarà interessante seguire la lotta per la qualificazione in Champions League: ci saranno cinque o sei squadre che giocheranno un mini-campionato appassionante e avvincente fino alla fine. Credo che la Superlega possa affievolire anche l’interesse e la voglia di appassionarsi alle prossime partite. Vedremo come evolverà la situazione. Certamente, questa storia ha raffreddato e raffredderà la passione degli sportivi, dal momento che ormai si sente parlare quasi esclusivamente di debiti, di soldi e di operazioni finanziarie.
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