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Ancelotti: “Scudetto? L’Inter la favorita. Ci sono giovani tecnici interessanti”

Luigi Orti

Una lunga intervista riportata da Il Messaggero a Carlo Ancelotti, allenatore del Real Madrid

Reduce dalla sconfitta con il Getafe, Carlo Ancelotti, allenatore del Real Madrid ed ex allenatore del Napoli, ha concesso un'intervista a Il Messaggero. Tra gli argomenti trattati la Serie A, l'evoluzione di questa figura nel calcio moderno e il Covid-19.

Le parole di Carlo Ancelotti tra Serie A, scudetto e calcio moderno

Di seguito le dichiarazioni dell'allenatore a Il Messaggero:

"Con il Getafe abbiamo perso per una serie di motivi: le positività al Covid, qualche acciacco, il ritorno in campo dopo dieci giorni di break".

Sul Real Madrid

"La squadra è solida. Abbiamo un bel mix di esperienza e gioventù. Abbiamo vinto dieci gare di fila e questo ci ha dato uno slancio importante, poi è arrivata Getafe. La liquido così: eravamo ancora in vacanza".

Sulla Serie A

"Per quanto riguarda allenare la Roma, solo una volta c’è stata una mezza possibilità, un colloquio con Franco Baldini. Tanto tempo fa. Peccato, mi sarebbe piaciuto allenare Francesco Totti. Mourinho è un grande personaggio, grande allenatore, uomo schietto. Mou mi piace. La Roma è in buone mani. Maurizio Sarri è un'ottima scelta. E’ il profilo giusto per avviare un nuovo progetto dopo gli anni di Simone Inzaghi. L’Inter è la favorita per concedere il bis in campionato e ha superato la fase eliminatoria di Champions: Simone è in gamba. Le partenze di Lukaku e Hakimi sono state superate senza problemi. Italiano, Dionisi e Zanetti sono giovani e bravi e, allungando lo sguardo oltre i confini della Serie A, danno stimoli alla vecchia guardia: io, Mourinho, Sarri, Klopp. Dobbiamo aggiornarci per reggere la sfida dei nuovi".

Sull'evoluzione della figura dell'allenatore nel panorama moderno

"Nel 1995, quando iniziai questa carriera, le rose erano composte da sedici-diciotto calciatori e lo staff era di un paio di assistenti. Oggi hai ventisei giocatori a disposizione e gruppi di lavoro di dieci persone. La gestione degli uomini è la parte più delicata. Le statistiche e la tecnologia non rappresentano un problema, anzi. Analizzare gli allenamenti di squadre di paesi lontani è interessante. Contribuisce all’evoluzione del calcio. Fino a pochi anni fa la costruzione dal basso era impensabile. Adesso si gioca davvero in undici, anche se a mio avviso, quando il portiere tocca il pallone più volte di un centrocampista, qualcosa non quadra".

Poi, su Guardiola

"Pep è uno dei più bravi. Non è facile stilare graduatorie precise nel nostro mestiere. La grandezza di un allenatore si misura quasi sempre con i successi, ma non è l’unico parametro. Bisogna considerare anche le idee, le innovazioni, il materiale a disposizione, le strutture dei club. Guardiola lascerà sicuramente un segno profondo nella storia del calcio".

Successivamente si è soffermato sul problema Covid

"La pandemia non è ancora finita, ma i vaccini e i nuovi farmaci all’orizzonte ci aiuteranno a vincere questa guerra. Ai No Vax dico che bisogna fidarsi della scienza e di chi ha più competenze di noi, ovvero delle persone che hanno studiato e hanno un bagaglio professionale importante. Questo virus ci può lasciare la riscoperta dei rapporti umani. Di fronte alla sofferenza, alla paura e alle immagini delle bare trasportate sui camion militari, non puoi sottrarti a riflettere sul nostro sistema di valori".

Infine ha parlato dell'Italia ai mondiali e dei trionfi del 2021

"Ritrovarsi fuori per due volte di fila sarebbe un brutto contraccolpo dopo il successo dell’europeo. Per me i tre migliori momenti del 2021 sono stati gli ori di Jacobs e Tamberi a Tokyo. Il trionfo di Wembley: me lo sono goduto in Inghilterra, soddisfazione doppia. Il ritorno del pubblico negli stadi".