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MILAN, ITALY - JULY 17: Inter Milan player Amantino Mancini controls the ball during the Inter Milan Training Session at Centro Sportivo Angelo Moratti on July 17, 2008 in Milan, Italy. (Photo by Getty Images)
Dopo la bella vittoria per 3-0 contro il Legia Varsavia in Europa League, il Napoli si appresta a sfidare la Roma allo stadio Olimpico per la nona giornata di Serie A. Si preannuncia una trasferta infiammata per gli azzurri, soprattutto dopo l'umiliante sconfitta per 6-1 subita dai giallorossi in Conference League sul gelido campo del Bodo/Glimt.
Riguardo la partita di domenica, e tanto altro ancora, ha detto la sua Amantino Mancini, uno dei migliori interpreti della grande Roma di Luciano Spalletti. L'ex giocatore, oggi allenatore, si è concesso in esclusiva ai nostri microfoni. Di seguito l'intervista.
Salve Amantino, come sta?
"Benissimo grazie. Voi siete felici? Il Napoli è primo...".
Siamo molto soddisfatti. Come va la carriera da allenatore?
"Mi sta piacendo molto. Tante volte nella vita studi, ti prepari, fai corsi, però quando affronti determinate situazioni è diverso. Per quanto mi riguarda, invece, tutto quello che immaginavo quando ero in campo si è confermato nelle avventure a Foggia e in Brasile".
Le piacerebbe tornare in Italia per allenare?
"Assolutamente sì, l'Italia è la mia seconda casa. A Roma ho ancora un appartamento. Però per poter allenare i giallorossi devo proseguire il mio percorso di crescita in Brasile. Ho fatto il corso UEFA A, B e PRO, l'anno scorso ho fatto l'allenatore ed attualmente svolgo il ruolo da coordinatore tecnico. Sulla base di queste esperienze, che mi hanno fatto capire tante cose anche extra-campo, l'anno prossimo ripartirò da allenatore. Il mio obiettivo è diventare un grande allenatore".
Facciamo un passo indietro. Nel 2003 arrivò in Italia dall'Atletico Mineiro. Che ricordi ha del passaggio al calcio europeo?
"Ho un ricordo bellissimo. Sono molto grato al calcio italiano perché mi ha dato l'opportunità di diventare conosciuto sul palcoscenico europeo e mondiale. Arrivai nel 2003 dal Brasile e firmai con la Roma, ma a quei tempi c'era ancora Cafù in giallorosso, avrei avuto poco spazio, quindi mi trasferii in prestito al Venezia, passai dai 40 gradi del Brasile a -3, un contrasto incredibile. A Venezia giocai poco, perché l'allenatore non prediligeva i giocatori di fantasia. In ogni caso, l'esperienza in Serie B mi è servita tantissimo. Mi permise di arrivare a Roma più pronto, ebbi il tempo di imparare la lingua, mi ambientai nel calcio europeo, capii come affrontare le partite, l'intensità necessaria. Arrivai a Roma molto più maturo".
Oggi in Serie A non ci sono più i brasiliani di una volta. Si predilige la fisicità alla fantasia…
"Il calcio è un po' cambiato. All'epoca mia il gioco era più divertente e fantasioso. Oggi, invece, si punta più sull'intensità e sulla forza. Si sta perdendo l'essenza del calcio. Anche in Brasile soffriamo tanto da questo punto di vista. In nazionale ci sono pochissimi giocatori che sanno saltare l'uomo. Bisognerebbe stimolarli a curare maggiormente la tecnica, cominciando dalle giovanili. Sarebbe necessario un lavoro di tecnica e tattica individuale, spingendo sul dribbling, sull'attacco nello spazio".
Il gol al Lione e quello di tacco nel derby alla Lazio. Ce li racconta?
"Era la Roma di Spalletti, un grandissimo (Spalletti, ndr). La squadra era allenata bene, sapevamo cosa fare, come attaccare e come difendere. Giocavamo a memoria. Francesco (Totti, ndr) mi mise una palla di prima e decisi di puntare in velocità il difensore. Iniziai a fare il doppio passo, poi vidi che ero dentro l'area e c'era Réveillère di fronte a me. Quando un attaccante è in area si sente protetto, perché se il difensore lo tocca è rigore. Io mi dissi 'adesso continuo con il doppio passo fino a che non mette il piede'. Quindi, quando il francese fece la prima mossa, spostai la palla verso il sinistro e gli tirai una bomba".
"Il gol di tacco, invece, fu pazzesco perché quel movimento era l'unico che potevo fare in quel momento, la palla era già passata. Aprii la gamba e decisi di fare quel preciso gesto tecnico. Certo fui anche fortunato nel complesso, ma credo sia stata una mossa intelligente. L'ho voluta e l'audacia mi ha premiato".
Quella Roma era fortissima. Attualmente vincerebbe il campionato?
"Secondo me sì, era una delle squadre favorite all'epoca ed oggi potrebbe vincere il campionato. La Roma di Spalletti è stata una delle squadre che meglio ha giocato negli ultimi vent'anni, forse la migliore. Un calcio divertente, veloce, di intensità, c'erano dei meccanismi ma anche tanta improvvisazione".
Che ci dice di Luciano Spalletti?
"Luciano è un uomo molto sincero, quello che pensa te lo dice in faccia. Con me, almeno, si è sempre comportato così. Come allenatore posso dire che capisce tanto di calcio e ti insegna tanto. Le sue squadre sono le più organizzate, giocano a memoria. Non si è primi in Serie A per caso".
E di Totti?
"Francesco è la bandiera della Roma, ha giocato in giallorosso per 25 anni. È un fenomeno. Quando parli di Roma è la prima persona che ti viene in mente, ha fatto la storia nella Capitale".
Perché si è fratturato il rapporto tra Totti e Spalletti?
"Difficile rispondere. Non so qual era il loro rapporto nell'ultimo periodo. Magari Spalletti ha pensato un pochettino di più alla squadra anziché a lui. Forse ci sarà stato qualche errore di comunicazione tra i due. Ai miei tempi avevano un ottimo rapporto, non li ho mai visti litigare".
Che idea si è fatto della situazione di Lorenzo Insigne?
"Insigne è un giocatore importante, una bandiera. È uno che rappresenta al meglio la città. Perdere Insigne per il Napoli sarebbe un danno pesante. Sta facendo bene, è un campione. Credo che il Napoli debba stare attento".
Spalletti che ruolo avrà nel testa a testa tra il capitano e il Napoli?
"Spalletti può fare da intermediario tra Insigne e la società. Non credo proprio che ci saranno problemi tra i due, anzi. Me lo auguro per il Napoli".
Qual è la partita contro il Napoli che ricorda con maggior piacere?
"Una di Coppa Italia, vincemm0 2-1 all'Olimpico e segnai io il gol della vittoria".
Al San Paolo, oggi Maradona, le piaceva giocare?
"I tifosi del Napoli fanno un casino incredibile. Ricordo una volta che lo stadio era pieno, e io non riuscivo a parlare con un mio compagno che era lì a due metri. La tifoseria azzurra mi ha colpito perché è molto caliente e passionale".
Le piace Osimhen?
"Osimhen mi piace, è un numero nove che non sta mai fermo. Poi è alto, veloce e bravo tecnicamente. Che bel gol ha fatto con il Torino!".
A quale attaccante del passato lo paragonerebbe?
"Se dovessi paragonarlo a qualcuno lo paragonerei a Kluivert, anche se l'olandese era più stabile e meno di movimento. O forse è più simile a Drogba, ma pure in questo caso l'ivoriano era un attaccante meno dinamico. Victor lo trovi dappertutto".
Domenica c’è Roma-Napoli. Le sei sberle prese giovedì in Norvegia avranno un effetto particolare sui giallorossi?
"Assolutamente sì. Si va in campo dopo soli tre giorni una partita del genere. I giocatori dovranno dare una risposta ai propri tifosi, dimostrando di aver assorbito la batosta, non sarà facile. Mourinho non aveva mai preso sei gol nella sua carriera, ma lui è uno che sa lavorare molto bene su questi aspetti. Credo che riuscirà a far dimenticare momentaneamente questa brutta sconfitta. Dunque potrebbe essere più difficile del previsto per il Napoli".
Napoli, Milan e Inter. È tra queste squadre la corsa scudetto?
"È presto per dirlo. Ma, sulla base di quello che stiamo vedendo, il Napoli è favoritissimo per lo scudetto. Credo che l'Inter sarà la squadra che darà più fastidio agli azzurri. Il Milan subito dietro. Poi c'è anche la Roma, che sono sicuro crescerà. Infine, non escluderei l'Atalanta, si tratta di un gruppo forte, che negli ultimi anni sta andando benissimo anche in Europa".
A cura di Giuseppe Canetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE CALCIONAPOLI1926.IT
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