Senza Zielinski questo Napoli non avrebbe mai potuto riprodurre alcun gioco di dominio. A prescindere da chi ci fosse in panchina. È la luce del Napoli, ha raggiunto un livello molto superiore anche alla dimensione del club stesso
L'anno scorso a settembre Klopp ne parlò bene in conferenza e si beccò una sua doppietta: Piotr Zielinski è di quel livello lì. Oggi è (finalmente) nel pieno della sua maturità tecnica e calcistica e nessuno si sconvolgerebbe a vederlo titolare nel City, nel Real Madrid, nel Liverpool stesso. Sin dai primi minuti di Frosinone quest'anno ha fatto capire di essere uno dei leader tecnici del Napoli, avendo ormai trovato il posizionamento giusto in campo (che non esiste, è lo spazio: qui sta la modernità! Si veda l'assist di Genova) e l'interconnessione totale con le proprie certezze. Caratteristica, questa autocoscienza, che ogni tanto da Piotr si sconnetteva inesorabilmente e incomprensibilmente. Troppo spesso negli anni scorsi. Adesso è e resterà semplicemente un giocatore delizioso.
Gabri Veiga
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Pure in un periodo in cui il Napoli e Garcia non si erano neanche minimamente ancora capiti o avvicinati, il polacco è stato il faro del gioco. Posto nel suo ruolo da subito - questo sempre per chi diceva che Garcia voleva stravolgere i ruoli dei calciatori del Napoli - ha sempre reso più fluida la manovra e gestito il pallone in un modo squisito. Questo è Zielinski: non più la mezzala di inserimento come avrebbero pensato tutti per il post-Hamsik, non più un semplice tiratore da fuori o un calciatore di strappo. È un fenomenale centrocampista di manovra, di dominio del possesso, di idea e di assist. Dopodiché è un ottimo rigorista, uno con carisma che non ha paura delle responsabilità tecniche perché ha giocato contro grandi squadre, è un perno della sua nazionale. Le sue piroette e finte sono un patrimonio calcistico per qualsiasi 4-3-3. L'intuizione di Spalletti di riportarlo qualche metro più indietro e a sinistra partì da un Verona-Napoli di fine 2021-22, ma è chiaro che Piotr sia un po' il risultato di tutte le sue esperienze. Anche quella da esterno sinistro che andava ad accentrarsi nel 4-4-2 ancelottiano.
In tutto questo va ricordato colpevolmente che il Napoli stava per lasciarlo partire per acquistare Gabri Veiga. Una star ancora per nulla matura del calcio europeo di soli 21 anni, sicuramente meritevole di un'ottima stagione al Celta Vigo. Non vale neanche un capello di Piotr Zielinski, almeno non ad oggi. Il polacco poi ha deciso di restare perché forse questo sfrigolìo di ritrovata maturità lo sentiva anche lui nelle gambe. Sapeva di poter fare la differenza e (magari) attrarre tutt'altri club rispetto a quelli sauditi. Certo, la permanenza coincide con la promessa di un rinnovo che per ora non è stato firmato e che il Napoli dovrebbe muoversi a formalizzare. Come con Osimhen - se vorrà -, come con Kvaratskhelia. Che guadagna meno di Demme ed è uno dei calciatori più promettenti al mondo, cosa universalmente riconosciuta. Contro il Real Madrid, Zielinski ha dato solo l'ennesima prova di essere iscritto ai fuoriclasse del Napoli. Insieme al già citato Kvara, a Osimhen e a Di Lorenzo, la cui crescita sembra non fermarsi più. Ha segnato 7 gol in Champions League con il Napoli, il che lo rende anche l'uomo dell'Europa. Nessun centrocampista dal 1926 nel club ha segnato di più in questa competizione.
Giuntoli a La Repubblica qualche giorno fa ammise che Kvara e Osimhen sono stati acquisti frutto di situazioni fortunate (una gaffe, perché si riferì alla guerra in Ucraina e alla pandemia da Covid-19 ndr) e qui diremmo che anche il Napoli è stato fortunato a non veder Zielinski partire quest'estate. Sarebbe stato letteralmente impossibile ricostituire questo gioco di dominio, pressione e qualità offensiva che Garcia - finalmente insieme ai suoi calciatori - sta cercando di proporre. Verso una stagione di qualità e chissà se di vertice o meno.