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editoriali
NAPLES, ITALY - MARCH 06: Fans of Napoli during the Serie A match between SSC Napoli and AC Milan at Stadio Diego Armando Maradona on March 06, 2022 in Naples, Italy. (Photo by SSC NAPOLI/SSC NAPOLI via Getty Images)
Delusione, amarezza, rabbia e tristezza. Queste sono solo alcune delle emozioni provate dai tifosi del Napoli, soprattutto quelli che si sono recati in trasferta in quel di Empoli. Davanti ai loro occhi rossi s'è sgretolato un sogno per l'ennesima volta, svanito sotto le proprie mani: qualcuno dovrebbe loro qualche spiegazione. O forse in questo caso è meglio rimanere in silenzio, facendo riferimento solo alla propria essenza, senza captare ciò che accade al di fuori?
Non c’è più tempo nemmeno per stancarsi. Mentre la sofferenza fa parte della vita, la stanchezza è solo una triste e vile conseguenza. I tifosi azzurri sanno cosa significa soffrire, lo fanno da decenni. Stancarsi di chi amiamo è tra le peggiori condizioni del nostro io. Non c’è storia infatti che regga il peso della stanchezza della rassegnazione. Sì, perché anche se nessuno ha mai chiesto la Luna, rassegnarsi dopo essersi avvicinato è forse peggio di non esser mai partito.
Sono 503,4 i km che separano Napoli da Empoli. Sono 503,4 i km percorsi da chi senza voler spiegazioni decide di guardarsi dentro e capisce che l’azzurro è il colore della sua anima. L’anima è una di quelle cose che nella vita non si possono scegliere, ed è così che i tifosi del Napoli sono accorsi in supporto della squadra nel momento forse più complesso della stagione. Purtroppo nel percorso di tutti dare cento non significa obbligatoriamente ricevere cento.
L'ingiustificata follia della vita che viviamo a volte ci porta a dover reggere il peso di una felicità in qualche modo non nostra, che dipende da qualcosa che è fuori da noi. Incontrollabile. Quando la passione azzurra viene legata alla fragilità del cuore, bisogna mettere in conto che qualcuno potrebbe fare scherzi, senza preavviso.
A pagare in una battaglia è sempre chi mette il cuore, non chi se ne infischia della condizione dei propri compagni, gonfiandosi di egoismo e cercando la gratificazione personale. Napoli è particolare, i tifosi del Napoli lo sono. Quest’ultimi sono spesso e volentieri in disaccordo tra loro ma c’è un punto fisso che li accomuna: l’amore per chi suda la maglia. Ad Empoli su una squadra intera gli unici ad aver sudato e pianto per la maglia sono stati i tifosi, ancora una volta. Sotto la pioggia, in un campo che non offriva una degna copertura, non c’è stato un secondo in cui non abbiano cantato. In un attimo però si è passati da un film in 3D ad uno in bianco e nero. Sono bastati 10 minuti a far crollare le speranze di chi, dopo aver perso la voce, ha visto sprofondare le proprie certezze, la propria essenza, in un buco nero senza ritorno. In questi casi la vita ci mette davanti a delle scelte: parlare o restare in silenzio, abbandonare o aggrapparsi al mondo delle speranze.
Nel momento in cui si decide di parlare però bisogna dosare le parole, rendersi conto che si sta parlando ad un popolo che si trova dinanzi ad un crollo a pochi giri dal traguardo. Ci si deve rendere conto che per l’ennesima volta l’anima di chi ama questa squadra è stata lacerata, distrutta e poi abbandonata. E poi ancora quelle parole messe lì a consolare in modo illusorio e senza un senso logico. Non è sempre tempo di parole, che invece vengono arruffate e giostrate ad hoc, nonostante siano una cosa seria.
Adesso i tifosi del Napoli hanno guardato e non osservato ed hanno sentito, non ascoltato. Chi è ferito emotivamente dovrebbe essere trattato con delicatezza, senza affibbiargli troppe scusanti ma cercando di fare un passo indietro ed ammettendo uno sbaglio, che - seppur riscontrabile - viene sotterrato come tutte le paure di chi sa di non aver dato il massimo. E allora la domanda che sorge spontanea è: “In un viavai di emozioni, di amarezza e delusione, qual è l’unica certezza?”.L’unica cosa certa è che ancora una volta a rimetterci è chi senza pretese si affaccia sul mondo dei sogni per vedersi chiudere in faccia l’ennesima porta, senza poter combattere ulteriormente. Non perché manchi la forza, anzi, è la stanchezza di essere illusi però che supera ogni forma di resistenza dell’essere.
A cura di Leonardo Litterio ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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