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"Ubi maior minor cessat" - sentenzia una celeberrima frase latina. Letteralmente: "Dove vi è il maggiore, il minore decade", ma in senso più ampio: "Di fronte al più forte il debole si fa da parte". E così il Napoli china il capo prima ancora del fischio d'inizio e lascia alzare la coppa ai più forti.
"Di fronte al più forte il debole si fa da parte" - mai frase fu più rappresentativa per raccontare Juventus-Napoli.
Perché in effetti il Napoli - come è giusto che sia, parlando con fatturati e storia calcistica alla mano - è inferiore alla Juventus sulla carta: per qualità, per singoli, per esperienza, per mentalità. E così gli azzurri hanno agevolato il compito ai bianconeri, si sono fatti da parte. Eccetto qualche squillo - principalmente di Lozano - la partita dei partenopei è stata impalpabile. L'unico reparto pervenuto è stato quello difensivo che ha tenuto botta fino ad una una rocambolesca palla che finisce sul piede dell'unico che non sa sbagliare.
Ma neanche dopo la rete (avvenuta al 64') la squadra ha avuta una reazione, neanche quando non c'era più nulla da perdere hanno tentato di vincerla. Il mister al contrario, dopo aver fatto una partita di contenimento e dopo essersi visti i piani saltare da CR7, le tenta tutte: dentro Mertens, Llorente, Politano ed Elmas - ma la vera domande è: si può ancora credere di giocare con la Juventus "contenendola" per poi scoprire soltanto a gara in corso che è utopia?
Utopia come il credere che un giocatore emotivo come Lorenzo Insigne, in una finale contro la Juventus, non sbagli il rigore decisivo. Il mondo sulle spalle e una schiena non robusta e grossa come quella di Cristiano Ronaldo o Ibrahimovic.
Il rigore avrebbe cambiato il risultato? Sì, 1-1 palla al centro. Il Napoli avrebbe potuto perdere ugualmente? Sì. Il Napoli ha perso per l'errore dal dischetto del capitano? Assolutamente no. Il Napoli ha perso perché nel calcio come nella vita: chi non tenta, ha già perso.
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