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editoriali
Il Napoli corre, ma non è una corsa scoordinata. Anzi. Anche nell'accelerazione si dimostra impeccabile, allungando con criterio. Senza mai smarrire la retta via tracciata dal proprio coach. Anche nel ritorno con sconfitta a Milano, Spalletti e co. hanno dimostrato di stare sul pezzo: gambe pesanti, certo, ma se fa notizia la tua prima sconfitta in campionato dopo sedici (sedici!) partite è solo sinonimo di forza. Piccolo incidente di percorso servito su un piatto d'argento. Perché il golazo di Dzeko ha assunto fin da subito il valore di una medaglia a due facce: da un lato la sconfitta in terra lombarda, dall'altro la scintilla nella testa dei partenopei. Come a dire: "Alziamoci le maniche ed andiamo a vincere a Genova". Tanta forza. La stessa che ha dimostrato Victor Osimhen in quel di Genova con una partita a dir poco sontuosa. Veder giocare il ragazzo di Lagos è una meraviglia per gli occhi. Potrebbe attaccare anche da solo, non farebbe stare tranquillo nessun componente della squadra avversaria. Si abbassa per smistare palloni verso gli esterni, poi corre forte per dare profondità alla squadra. Non sai mai come anticiparlo. Veloce nelle gambe e nel pensiero. È diventato anche più nove. Nove capace di pulire palloni e farli diventare giocabili per chiunque. Come se il Lille fosse stato il suo asilo ed il Napoli la sua scuola elementare dove muovere i primi passi da top player. Quando è in giornata diventa ingestibile.
Come ingestibile sono stati i ragazzi di Spalletti contro Allegri e la sua Juventus. Partita prima dominata in conferenza stampa dal tecnico di Certaldo, poi sul campo. Sul rettangolo verde, i tifosi azzurri hanno potuto assistere ad una delle sfide più stoiche della storia partenopea. Perché quanto fatto nella giornata di venerdì è storia. Sarà storia. Perché se la Vecchia Signora non subisce gol da otto partite ed esce dal Maradona con cinque reti incassate significa che si è vicini a scrivere un grande film. Si potrebbe chiamare 'La grande bellezza' copiando il successo di Sorrentino, ma forse il titolo più adatto è un altro: "Il grande sogno".
Regista? Facile. Il signore in panchina. Che fa ciò che vuole. Alza i due terzini quasi a centrocampo, Lobotka in cabina di regina ed una novità: Anguissa più vicino al 68. Kim e Rrahmani alle prove con la nuova coesione dopo l'infortunio del kosovaro. E Meret. Colui che al 44' si prende la scena con una parata senza senso. Anormale. Eppure si diceva che non fosse pronto per essere il portiere titolare del Napoli.
La vince così. La vince soprattutto perché davanti, oltre al nove, gioca un fuoriclasse con la 77. Georgiano, '01 ed un futuro davanti. Perché è più facile immaginarti ciò che sarai quando ti divori il presente. Dopo le ultime due partite, era stato al centro di discorsi dal bar del tipo "era un bluff?". Ha risposto ieri. Segnando e portando l'indice alla bocca perché l'ex Dinamo Batumi non è mai andato via. Non si è ripreso nulla perché non aveva perso nulla.
"In questo decennio abbiamo scelto di andare sulla luna e di fare cose simili, non perché era facile, ma perché era difficile". Così scrisse John Kennedy nel 1962. Così potrebbe ripetere Luciano Spalletti nel 2023. Perché il percorso di questa rosa parte da lontano e non va dimenticato. Mai. Anzi, sottolineato. Dalla sessione di mercato estiva, dalle prime volte di Kvara e Kim, passando per la rinascita del maestro in mezzo al campo. Senza dimenticare la crescita di Osimhen e Mario Rui. Come un esempio da seguire. Questo è il Napoli di tutti. Della gente. Del popolo. È il Napoli di chi ha un sogno nel cuore. Un sogno grande.
A cura di Gennaro Del Vecchio
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