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(Getty Images)
Non era assolutamente facile. Il banco di prova prevedeva difficoltà tecniche, ambientali, psicologiche. Dopo aver sbattuto di nuovo la testa contro la bestia nera Spartak, il pericolo di non portare via anche dal Franchi il bottino pieno si gonfiava. Ma colui che nei pressi di Firenze ci è nato e ha mosso i primi massi della professione ne ha combinata un'altra delle sue. Ha sopraffatto anche il capoluogo, mettendo la settima firma su un cammino intonso e senza scrupoli. Il suo arrivo in silenzio si è tradotto prima in lavoro duro e poi in concretezza spaventosa. Non sappiamo se questo magnifico sogno si avvererà, anche perché adesso non siamo nemmeno a un quarto di stagione. Ma di certo il Napoli di Luciano Spalletti sta dando delle dimostrazioni di maturità inaspettate non per la loro impossibilità, ma per la precocità.
Tambureggiante il Napoli capolista di Luciano Spalletti. Una partenza così sprint per gli azzurri non si vedeva dal 2017/2018. L'anno era quello "eletto" ma poi ottenebrato proprio lì, nella culla del Rinascimento. Maurizio Sarri, alla terza stagione al timone della ciurma decisa soltanto a raggiungere quel vessillo posto in cima alla Serie A. Quattro anni fa la missione, ufficiale a differenza dell'attuale, cominciò in preda alla medesima perfezione. Le vittorie consecutive dal debutto in campionato toccarono quota 8. Dalla prima in casa dell'Hellas Verona alla vittoria all'Olimpico sulla Roma per mano di Lorenzo Insigne. La corsa eccezionale che cucì sul petto partenopeo il titolo di Campione d'inverno si interruppe però il 21 ottobre contro l'Inter. E chi allenava allora i nerazzurri che bloccarono la capolista sullo 0-0. Proprio lui, Luciano Spalletti appena arrivato dal secondo impero a Roma.
Ma non andiamo fuori tema: prima di suonare l'ottava bisognerà battere il Torino al Maradona il 17 ottobre. Stabilendo però un confronto con il precedente sarriano, l'aspetto più evidente consiste nella diversa storia dei tecnici toscani sulla panchina napoletana. Il fresco allenatore della Lazio aveva compiuto la sua cavalcata al terzo tentativo. Colui che invece la cavalcata l'aveva frenata adesso sta facendo la storia al primo colpo.
Ci si augurava una rinascita, ma non l'esplosione che sta deflagrando dalle parti di Napoli, o meglio del Konami Training Center di Castelvolturno. Perché gli allenamenti hanno accolto la nascita del gruppo Spalletti a partire dal quartiere generale passando poi dal Trentino e dell'Abruzzo. La caratteristica preponderante della squadra si chiama compattezza, un aspetto che mancava con tale intensità da molto, moltissimo tempo. Un'unità di intenti che prima ancora di prendere forma sul campo emerge dalle dichiarazioni da parte di allenatore, calciatore e società. L'allenatore di Certaldo sta riuscendo in un'impresa gigantesca nei risultati ovviamente ma anche nella capacità di trasportare l'intero ambiente al di fuori del tunnel Napoli-Verona. I fantasmi di quella notte hanno continuato a popolare la mente dei napoletani per l'intera estate anche quando arrivavano l'annuncio di Spalletti, la sua prima conferenza, la vittoria in amichevole sul Bayern.
Ma la saggezza e la tranquillità hanno però il potere di squarciare anche i tessuti più duri. Costruendo un parallelismo con la produzione del vino tanto cara al coach di Certaldo, la vite piantata nel terreno a luglio sta crescendo rigogliosa e genuina. Il suo aspetto è lucente come la qualità del gioco del Napoli, il suo sapore appare invece intenso come la personalità dei calciatori. Dunque le premesse per un vino eccellente aumentano.
Il primo giro di giostra a settembre si è concluso nel migliore dei modi. Il tempo appartiene ora al secondo atto. Firenze simboleggiava una montagna ripida da scalare, soprattutto dopo la tempesta moscovita che si è abbattuta giovedì sul Maradona. Il Napoli si preparava ad affrontare una trasferta da sempre tosta, di fronte ad una delle sette sorelle. In più Spalletti andava a far visita ad una squadra mai allenata durante la sua carriera nonostante i suoi natali.
Il rischio di bloccare il filotto al Franchi esisteva realmente ma alla fine come successo contro la Juve e il Leicester un'altra arma azzurra ha avuto la meglio: la capacità di reazione. La squadra non si è impaurita, non si è snaturata nel tentativo di rimonta. Ha continuato esattamente a giocare come sa, lavorando tanto sui prolungamenti di Osimhen che infatti hanno prodotto subito le condizioni del pareggio. L'aggancio porta il nome di Lozano, il funambolo che sta recuperando smalto e letalità di un anno fa. E malgrado la pressione di una Fiorentina egregia, ha effettuato il sorpasso con Rrahmanisulle palle inattive, ulteriore meccanismo lucidato alla grande da Spalletti. Poi ci hanno pensato la concentrazione dei reparti di difesa intorno ai colossi Koulibaly e Anguissa e del saldo Ospina a chiudere lo spartito.
Il primato in classifica a punteggio pieno si rinforza perché la crescita si affina. Per poter evolversi in maturità tutto dipenderà dalle dinamiche del tempo e dall'appuntamento con i diretti avversari. Dopo il Torino, il Napoli se la vedrà con la Roma per la prima trasferta in casa di una big il 24 ottobre. Poi fino al terzo giro di giostra in novembre andranno in scena incontri con compagini più abbordabili prima di un finale di girone probante ad altissimi livelli. Una fortuna perché prima di allora Spalletti avrà l'opportunità di perseverare nella sua rivoluzione silenziosa.
A cura di Enrico Esposito
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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