Nelle settimane successive, a scudetto acquisito e in prossimità dell'ultima giornata dello scorso campionato, il Napoli ha ufficializzato l'addio, motivandolo con la volontà di Luciano Spalletti di prendersi un "anno sabbatico": ricordate il famoso "Quali ali? Per fare ciò che devo fare mi occorrono degli stivali" di spallettiana memoria? E ancora, il legittimo desiderio del tecnico scudettato di trascorrere tempo con la famiglia, con la figlia, insomma di dedicarsi agli affetti più cari da cui due anni intensissimi di Napoli lo avevano giocoforza allontanato.
E allora, De Laurentiis, forse subodorando il rischio che la volontà del tecnico potesse cambiare, sicuramente allo scopo di tutelare il Napoli, ha deciso di inserire la penale in caso di ritorno anticipato del mister toscano in panchina. Perché questa penale non dovrebbe adesso esser pagata dal tecnico o dalla FIGC, qualora si chiudesse l'accordo che vedrebbe Luciano Spalletti sulla panchina della Nazionale Italiana?
In molti rispondono tirando in ballo la riconoscenza che la Società Sportiva Calcio Napoli dovrebbe mostrare nei riguardi dell'ex tecnico azzurro: una riconoscenza che però non avrebbe dovuto mostrare, qualora si fosse avvicinata al tecnico la Juventus, o un altro club italiano. Una riconoscenza a tempo determinato, o a determinate condizioni, dunque.
Sembra non reggere ai colpi dell'analisi logica anche la teoria in base alla quale bisogna accettare che Spalletti abbia deciso di andar via da Napoli perché non intenzionato a continuare a lavorare con Aurelio De Laurentiis: scelta legittima, per carità, ma delle scelte è giusto e doveroso assumersi la responsabilità, che ci si chiami Pincopallino o Luciano Spalletti.
Dunque se, come sembra dal duro comunicato di De Laurentiis, la penale vale anche per le Federazioni, perché non chiedere l'ammontare della stessa per permettere al tecnico di sedere sulla panchina della Nazionale italiana?
Il calcio è chiamato a crescere, quello italiano in particolar modo: se il suo appeal è così basso negli ultimi anni, il rispetto delle regole e dei contratti potrebbe restituire parte della credibilità ad un movimento che sembra averla perduta, tra dichiarazioni improvvide e decisioni che lasciano - spesso - l'amaro in bocca.
Si riparta dalle regole e dal loro rispetto, per restituire dignità ad uno sport che resta - per i più - il più bello al mondo.
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