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editoriali
A metà settimana l’imperdibile corso «calcio moderno» di Luciano Spalletti: Serie A invitata
Al primo posto nel girone A della Champions League 2022/23 c'è il Napoli di Spalletti a 6 punti, 7 gol fatti e 1 subìto. L'altra italiana in testa nel suo gruppo è il Milan, non a caso una squadra vera di giovani promettenti, che sanno fare più di tre passaggi con un'idea invece di arroccarsi dietro la linea del pallone. Ancora. Nel 2022. A sprofondare - per semplice causalità meccanica - è invece la Juventus di Allegri del non-gioco e delle teste basse. Nel Napoli addirittura Zerbin (ex Frosinone) ha giocato di tacco e di punta nel poderoso e sonoro Ibrox Stadium di Glasgow.
È il collettivo la forza cosmica del Napoli, ancora una volta fresco e arrembante pure di fronte alle difficoltà. La voglia dei giovani fa la differenza perché è fame assoluta di addentare il proprio stesso tracciato, nel contorno di un'intesa interna che si sta via via formando sempre più sana. Che i leader dello spogliatoio dell'anno scorso fossero diventati fanalini opachi invece che fari per gli ammarati, è un dubbio più che vegeto nelle analisi da portare avanti. Intanto il 4-3-3 di Spalletti si dimostra ancora europeo perché è stretto, corto e compatto ma soprattutto fluido nel cercare di riempire liquidamente (ricordate Ancelotti? Voleva questo ma non ne aveva gli interpreti) lo spazio dove si crea. Così subito Zielinski - dopo un buon inizio roboante ma di sola foga e di pressione ambientale dei Rangers - sbatte sul palo dopo essersi incuneato centralmente tra centrocampo e difesa avversaria, al minuto 3. Coi padroni di casa in fase di pressione e soprattutto raddoppio costante, il focus si spostava sul muovere il pallone e lasciarli correre per togliergli quell'energia feroce dei primi 15'. Nient'altro che questo è accaduto: dopo un po' già il Napoli distribuiva palla un po' ovunque e tirava in porta con Simeone e Kvaratskhelia, arrivando vicinissimi al gol del vantaggio. Dall'altra parte si attendeva l'errore in costruzione e una volta riconquistata la sfera si tirava in porta. Da qualunque posizione. L'esterno sinistro Kent il più pericoloso in un primo tempo di studio reciproco e corse forsennate per gli scozzesi, con un grandissimo intervento di Meret da notare al dodicesimo su tiro deviato di Arfield. Che non farà nient'altro.
Sconcertante sin da subito e per tutti i novanta minuti la sicurezza di Minjae Kim. Letture quasi sempre precise, fisicità e velocità nello scatto sia nel breve ma soprattutto nel lungo. Colpo di testa imponente, leadership naturale. Una tranquillità quasi folle, se si considera l'esperienza (zero) in Champions League. Non è che anche questo luogo comune dell'esperienza sia una roba tutta giornalistica? È così necessario aver navigato in una specifica competizione più a lungo rispetto ad altri per avere un blasone individuale? La realtà è che bisogna solamente saper giocare a calcio e con ciò saper impostare e leggere la linea difensiva ma anche saperla rompere, essere conoscitori di cosa voglia dire essere moderni. Kim lo sa e lo è, Giuntoli lo ha visto e lo ha capito e non c'era bisogno di altro per sostituire uno come Kalidou Koulibaly (ieri lasciato clamorosamente in panchina dal nuovo allenatore del Chelsea ndr).
Piccole pillole di cronaca, nel secondo tempo è successo di tutto: Lahoz - arbitro simpatico nelle movenze e strepitosamente freddo ed esperto - fischia rigore ed espelle Sands per fallo tranciante su Simeone in area. Zielinski lo sbaglia due volte tirandolo allo stesso modo (sulla questione rigoristi nel Napoli dovremmo pur scrivere qualcosa, vedremo) e McGregor passa 120 secondi da eroe della nazione. Da aggiungere che Politano aveva ribattuto in rete il primo errore ma il VAR ha concesso la ripetizione, poi ancora parata. Dopo qualche minuto Kvaratskhelia tira sul braccio di Barisic, altro penalty fischiato dallo spagnolo con il massimo dell'aplomb possibile, senza scomporsi come stesse succedendo poco o niente. Politano che aveva segnato segna ancora, ma questa volta sul taccuino Lahoz può scriverlo: è 1-0. Da lì in poi i Rangers svaniscono perché è troppa la qualità del Napoli anche nei cambi: Raspadori e Zerbin fanno rifiatare Simeone e Politano, Kvara lascia il posto ad Elmas e Zielinski a Ndombele. Finalmente il francese in un 4-3-3 mostra cosa sa fare, entra con sicurezza e mette piede in tutte le azioni di ripartenza. Sfonda le linee sfibrate degli avversari, che nel finale provano a inserire tutta qualità con Colak e Camara negli ultimi 30 metri a dar fastidio. Nascono però due azioni perfette: Raspadori mette in porta di sinistro uno scambio tra Ndombele e Olivera - entrato per Rui - e Ndombele scarta la caramella offertagli da Anguissa che anche al 90' ha recuperato un pallone. Gli ultimi 20 minuti del Napoli sono stati da scuola calcio.
Come gli azzurri solo il Milan, che bene ha condotto - senza punte ma con Leao, che mancherà domenica - la gara contro la Dinamo Zagabria che aveva battuto il Chelsea. Ci ritroviamo di nuovo a dire che essere non per forza propositivi o offensivi, ma semplicemente portare avanti un'identità adatta alle caratteristiche dei calciatori in rosa sia la cifra fondamentale per risultare moderni e stupire in Europa. In Italia invece ancora si pensa che il calcio sia altro e la diagonale (che già è complessa sulle figure piane in geometria a scuola, in seconda media) la portiamo in alto come fosse l'invenzione della lampadina. Senza citare i salottini televisivi dove nessuno si sbottona in critiche anche di fronte ad evidenti pessime figure di altre squadre, mentre addirittura si parla del Napoli come diametralmente opposto a quello dell'anno scorso (che ha vinto a Milano, pareggiato a Torino senza 10 giocatori, vinto a Roma, distrutto la Lazio in casa e anche la Juve, umiliato l'Atalanta a Bergamo e giocato una partita seria a Barcellona senza perdere). Fa bene Spalletti a ricordare che ciò che si è oggi è frutto di ciò che si è stati. Come sempre nella vita. E sono ben dieci anni che il Napoli ha una gestione tecnica (quasi) impeccabile.
Di Mattia Fele
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