Facciamo un breve recap delle griglie Scudetto degli ultimi anni fornite dai massimi organi di stampa.
editoriali
Menomale che ancora esistono gli “espertoni” che danno il Napoli quinto ai blocchi di partenza
2018: Juventus, Inter, Roma, Milan, Napoli. Il Napoli chiuse al secondo posto.
2019: Juventus, Inter, Milan, Roma, Napoli. Il Napoli chiuse al secondo posto.
2020: Juventus, Inter, Napoli, Roma. Il Napoli chiuse al settimo posto.
Vorremmo continuare, ma ad onor del vero già avremmo potuto fermarci a quando nel 2019 la Roma fu messa davanti al Napoli per aver acquistato Nzonzi e Pastore. Insomma, è più affidabile Nostradamus di queste approssimazioni acchiappa-click completamente basate sul sensazionalismo del calciomercato estivo di turno. Così anche quest'anno: la Roma (che ha fatto un grande mercato) è da subito lanciata nelle prime posizioni, mentre il Napoli (seconda per punti nella classifica perpetua 2012-2022 della Serie A) viene declassato al livello della Fiorentina. Che l'anno scorso è arrivata settima dopo 2-3 stagioni in balìa della Serie B. Grottesco. Ma vediamo nel dettaglio cosa ci si aspetta e quanto potranno dare le squadre di vertice proprio alla luce (lucida) dei cambiamenti ancora in corso.
JUVENTUS
Massimiliano Allegri è il più atteso dal giudizio dei tecnici. Al di là della diatriba giochisti/non giochisti (perché su questo Max ha ragione: giocar bene non vuol dire niente), la sua Juventus per i campioni che ha non può non proporre un calcio più moderno. E attenzione (lo ha detto anche Perin, ndr), la direzione presa sembra essere quella. Contro Barcellona e Real Madrid (meno contro l’Atletico), i difensori giocavano palla dal basso e ricercavano spesso il mediano o la punta che veniva a giocare dietro le linee. Scambi semplici, ma era ora che si vedesse una proposta diversa (o anche solo una proposta) in una squadra così forte. In più, non dimentichiamo un mercato fragoroso: Pogba, Di Maria, Bremer, Kostic, forse Depay che si aggiungono a gente del calibro di Chiesa, Vlahovic e chi più ne ha più ne metta.
Sul modulo ancora qualche dubbio, molto dipenderà dalle prime giornate e dall’adattabilità della squadra. Allegri ci ha dimostrato di essere un maestro nel leggere le situazioni e nel valorizzarle, quindi saprà quando sarà il caso di inserire un incursore come McKennie o un ragionatore come Locatelli, uno esplosivo come Chiesa in luogo di uno come Kostic, fisico e forte nello stretto. Occhio, poi, ai giovani: in Italia se ne parla tanto, ma è a Torino che sono Fagioli e Miretti, due uomini di prospettiva certa, proprio lì in mezzo al campo dove c'è penuria e quindi bisogno. Non può che partire favorita una squadra così, nonostante in molti la accolgano in sordina, forse per dare giustificazioni al tecnico (che già si dà abbondantemente da solo). Ma ora non c’è più tempo.
MILAN
Ogni estate le griglie sono fatte (male) in base al mercato: chi ha più arrivi, chi pesca più nomi dal barattolo degli uomini in vendita è dato per favorito certo. Così Juve e Roma hanno universalmente i segni delle nuove vincitrici per i tecnici della bella stagione. Poi però c’è il campo, che finora ha detto una cosa: il Milan corre in modo feroce. Aggredisce, attacca in 6-7 uomini e ripiega con altrettanti (consigliata la visione dell'amichevole Marsiglia-Milan di qualche settimana fa). È una macchina perfetta, come lo era quel Napoli di Sarri con un gioco differente. Il 4-2-3-1 modernissimo di Pioli vede scambi di posizione, verticalità ma anche palleggio e uno straordinario affiatamento che nel calcio per giudicare una squadra è quasi tutto. Solo un acquisto: De Ketelaere. Forte, giovane e lì nel ruolo dove serviva.
Una partenza di lusso quella di Kessie, ben attutita da chi è rimasto, sempre che non si vada alla ricerca di un’occasione sul mercato che Maldini sa sempre valutare al meglio. Senza psicodrammi, la piazza ha accettato che il rinnovamento del Milan si baserà sulla continuità di un progetto che ha già vinto. Origi e Giroud davanti, Leao e Theo sulla fascia sinistra e Maignan in porta. Questi i capisaldi di una rivoluzione che in realtà è normalità per chi sa guardare questo gioco. Nel calcio vince la squadra e il Milan è un gran gruppo di lavoro, uno splendido orologio dagli ingranaggi sempre uguali. E che significa essere sempre uguali a 86 punti? Vincere. O arrivarci vicini tanto così.
INTER
Lukaku è tornato, Conte no. Questo potrebbe essere il titolo messo a frontespizio per un discorso sui nerazzurri di Inzaghi, apparsi farraginosi nel pre-campionato e con gli stessi difetti strutturali di mesi fa. La vera macchina risolutiva resta Brozovic, che riesce a dare sempre (e dico sempre) opzioni diverse al portatore di palla dovunque egli si trovi. Che questo funzioni o meno per Lukaku è da vedere, dato che in un sistema simile al Chelsea – con le dovute proporzioni – non si è trovato per nulla a suo agio. Con Conte era il centro e allo stesso tempo il fine ultimo, ora dovrà rendersi partecipe in modo uniforme ad un’orchestra (o presunta tale). Il vero punto di svolta può rappresentarlo Mkhitaryan, invece: con la sua tecnica negli ultimi 30 metri l’Inter può essere pericolosa anche in verticale, non solo in ampiezza.
Spesso, negli ultimi anni, era questo a mancare anche a Conte, che si rifugiava in quel pallone verticale di Hakimi e negli inserimenti di Barella serviti da Bastoni (altro grande punto di forza). Insomma, che l’Inter non lotti per lo Scudetto è impossibile, ma attenzione a fare così affidamento sul ritorno del belga. Inzaghi non è Conte e ce lo ha dimostrato quando, in una situazione in cui i nerazzurri non hanno raccolto che 7 punti in 7 partite ad inizio 2022, non ha saputo trovare una soluzione alternativa. Si è visto perso e facilmente si perde.
ROMA
Che gli espertoni lo vogliano o no, la squadra di Mourinho ha immense falle in termini di equilibrio. Di bello in città c’è l’entusiasmo sfegatato, i tanti abbonamenti, la gestione magnificente dei Friedkin ma è proprio il campo che potrebbe tradire. Eccezionali contro uno Shakthar per niente al top in amichevole (5-0 ndr), i giallorossi si aspettano di recitare un ruolo da protagonisti... Siamo sicuri che Dybala e Wijnaldum per quanto forti abbiano ridotto un gap di 16 punti dal terzo posto? È proprio la questione tattica che preoccupa: il 3-4-2-1 non ammette insieme Pellegrini, Dybala, Zaniolo, Abraham e Wijnaldum, a meno che non si voglia una mediana azzardata con l’olandese e il capitano come frangiflutti. Forse un 3-5-2 sarebbe più adatto con la doppia mezzala e Cristante come vertice basso, ma uno tra Dybala e Zaniolo verrebbe fatto fuori come uomo accanto ad Abraham (o forse Zaniolo partirà, ma se partisse allora dove sarebbe questa evidente superiorità individuale rispetto alle altre?).
Insomma, equivoci e troppi individualismi: questo il rischio. Che poi la stagione sarà migliore dell’anno scorso è fortemente probabile, ma non si raggiunge in un’estate la continuità di altre solo coi grandi nomi. C’è bisogno che Mourinho dia finalmente (non lo abbiamo ancora visto) qualcosa di tattico e non solo di emotivo a questa squadra così forte, che forse ha più possibilità in Europa League?
LAZIO
Sarri e Allegri. Ancora loro i più attesi, come anni fa, come sempre. Anche la Lazio come la Roma potrebbe essere chiamata a far meglio dell’anno scorso, ma se il discorso fila e tutte dovessero superarsi semplicemente si abbasserebbe la soglia dei punti senza cambiare alcuna posizione tra le prime 8. Se tutto resta uguale niente cambia. Se la Lazio fa meglio della Lazio scorsa ma lo fa anche la Roma, il Napoli, l’Inter, il Milan, la Juventus… allora sarà un altro quinto posto (che è ottimo ndr). Marcos Antonio desta curiosità come la nuova difesa, composta da Casale e Romagnoli (molto più adatti di Patric e Acerbi a tenere un certo tipo di linea).
Poi i soliti gol di Immobile e qualche meccanismo offensivo rodato in più, ma niente che possa consentire alla squadra un salto di qualità assoluto. Sono troppi i cambiamenti che sarebbero serviti in un anno a Sarri per trovare i calciatori giusti per i suoi concetti, e altri tanti mesi sarebbero serviti perché si affiatassero tra loro. Di buono per l’allenatore c’è che la Lazio ha intenzione di investire su di lui: tra qualche anno, col mercato giusto potrà sarà veramente pericolosa per lo Scudetto. Per ora è un’ottima comprimaria.
ATALANTA
Gasperini già si lamenta e forse questa volta ha ragione. La società ha troppo confidato negli anni scorsi nel marchio Atalanta e nella proposta di gioco, lasciando andare Gomez, Gosense Romero come se fossero sostituibili in men che non si dica, ora abbandonando uno come Freuler e forse Malinovskyi (fortissimo). Troppi trequartisti e solo Zapata e Muriel davanti, persi i quali si fa davvero fatica. Ad un certo punto, dopo tanti anni, un progetto con uno stesso allenatore va riannaffiato o rimpolpato con qualcosa di nuovo, altrimenti ristagna come acqua torbida. Il cross di Hateboer per l’altro esterno è già roba vecchia.
Punge però l’assenza della Champions, che tanto aveva fatto bene alle casse della Dea e che ora è difficile da raggiungere nuovamente a causa di quanto già detto. Sono tante le squadre che hanno ambizioni importanti e l’Atalanta sembra in calo. Serve nuova linfa e non pare a chi scrive che basterà Ederson (ottimo calciatore, dinamico ed esplosivo oltre che tecnico) a portare di nuovo l’antica leggerezza ad una squadra che forse ha un po’ perso fiato e voglia di essere se stessa. L’ottavo posto dell’anno scorso lo dimostra, e già la nuova Samp di Giampaolo alla prima di campionato può essere un banco di prova interessante...
A cura di Mattia Fele
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