Compiuta quest'analisi, la domanda a cui noi tutti cerchiamo di trovare risposta è una soltanto: qual è la reale versione di colui che viene comunemente soprannominato "Big Rom"? La sentenza verge su toni tipicamente "democristiani": entrambe. Non esiste alcun tipo di "doppelganger": "Big Rom" è l'unione tra quanto di buono può offrire "Romelu Menama" e quanto di imperfetto mostra al pubblico pagante "Lukaku Bolingoli". È un '9' innamorato delle qualità che la vita gli ha donato: gli piace essere funzionale per il collettivo, seppur costretto, per tale ragione, a disputare i 3/4 di una qualunque partita rivolto spalle alla porta rivale. Una natura calcistica che comporta, suo malgrado, un odio viscerale da parte di una cerchia (nemmeno troppo ristretta) di appassionati. È l'eterno conflitto tra le due filosofie, le due scuole di pensiero fondate sul mito del "centravanti": il finalizzatore puro (alla Filippo Inzaghi) e l'attaccante che agisce da "boa" (alla Edin Dzeko). Può essere preferita una tipologia di '9' all'altra, ma ciò non rende sbagliata l'ideologia contraria alla nostra. Tuttavia, di "oggettivo" vi è un unico concetto: se Antonio Conte ha richiesto Romelu Menama Lukaku Bolingoli alla dirigenza del Napoli, bisogna che la piazza nutra fiducia. E in fondo, al netto delle prove incolori, le 4 reti e i 5 assist messi a referto dal gigante di Anversa in appena 10 gare stagionali rappresentano un'argomentazione (in sua difesa) più che valida.
A cura di Alex Iozzi
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