04:22 min

editoriali

Il grande giorno è arrivato e Napoli non si è fatta trovare impreparata

Gennaro Del Vecchio

Più che una partita, una festa: lunga vita al calcio

E così arrivò il grande giorno. Quello che Napoli aspettava da una vita. A dire il vero, è arrivato nell'anno più improbabile, nel primo sotto gli ordini di mister Luciano. Ma le cose belle sono così, arrivano senza avvisarti, senza bussare alla porta. Le cose belle arrivano e tu non puoi far altro che viverle. Lo ha detto stesso Spalletti in conferenza stampa: "Sappiamo però che eventualmente vincere contro l'Inter potremmo essere catapultati verso un altro obiettivo... (lo Scudetto ndr.). Questa è una figata perché ci ha fatto passare con un sorriso sulla bocca. Un sorriso che probabilmente avevamo anche mentre dormivamo... perché è una situazione che amiamo vivendo di questo sport".

Poi, però, arriva l'ansia della notte. Quella in cui nessuno riesce a dormire, anzi, guai a dormire. Non a caso, il venerdì appena trascorso ha lasciato una sensazione di stranezza in città mai vista prima d'ora: tanta, fin troppa, tranquillità per strada. Zero macchine, zero traffico: è appena iniziato il weekend o la settimana? Il grande giorno inizia proprio da ieri sera, dalle ansie e le paure coltivate tra le mura di casa, davanti ad una televisione.

Ma i napoletani sono così, alzi la mano chi non ha trascorso tutta la notte a vedere (e rivedere) Juventus-Napoli del 2018? Perché diciamoci la verità: ognuno di noi, nella propria vita, ha avuto una persona che riusciva a contenere tutto dentro di sé per poi esplodere e litigare con tutti. Questo è stato venerdì 11 febbraio. Una sorta di contenitore con all'interno tutti i pensieri del popolo 081. Ansie e paure, sogni e desideri.

È il giorno di Napoli vs Inter

Ma Napoli meritava tutto questo. Lo meritava perché ha sempre continuato a battagliare, senza mai rinunciare ad aggredire. Lo meritava dal dopo Sarri, per le notti insonne trascorse pensando al gioco liquido di Carlo Ancelotti, per le urla di Ringhio Gattuso che rimbombavano nella mente, fino ad arrivare a Luciano Spalletti. Un po' come quando la notte di Natale facevi incubi su incubi, per poi svegliarti con i regali sotto all'albero. Più che un regalo, perché il tecnico di Certaldo ha fin da subito stabilito un rapporto unico con la città napoletana: affetto e stima, rispetto ed orgoglio. Non ha mai perso un secondo per dimostrarlo, ha sempre sottolineato cosa si provi ad indossare questa maglia.

Fino alla fondazione di un unico corpo formato da tifosi e giocatori. Come un robot che si muove in un'unica direzione. E qui il riferimento filosofico con Hobbes ed il frontespizio del suo Leviatano è forte. Perché? Facile, vi è un un individuo composto da una grande moltitudine di uomini che sovrasta un paesaggio rurale e urbano. Ma in fondo, la vita è un nastro che puoi riavvolgere quando vuoi e dove vuoi. E riavvolgere il nastro del Napoli non può far altro che bene, perché non bisogna mai dimenticare da dove si è partiti, dagli obiettivi predisposti ad inizio campionato. Dall'inizio in discesa fino alla tempesta di infortuni e Covid, fino ad ora. Fino a questo big match, la partita della verità, quella che gli Ultras hanno chiamato "esame".

Napoli contro Inter. Spalletti contro Inzaghi. Osimhen contro Dzeko. Già, Victor. Lo stesso ragazzo che alla domanda: "Sei pronto per l'Inter?", ti guarda ed alza l'indice al cielo, presumibilmente collegando il tutto a Lui, a Dio. Napoli dunque è pronta, così come la Milano nerazzurra anche. Ciak, si gira. Lo spettacolo è qui. Lunga vita al calcio.

A cura di Gennaro Del Vecchio