Calcio Napoli 1926
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editoriali

Non sarà il Kvaratskhelia delle meraviglie, ma la vittoria passa sempre da lui

kvaratskhelia
Meno brillante? Non diremmo

Emanuela Castelli

Kvaratskhelia, in tanti oggi ne sottolineano una prestazione meno strabiliante contro la Cremonese

Eppure, le azioni decisive passano sempre dai suoi piedi, dai piedi di Kvicha Kvaratskhelia: è lui che si procura il rigore, suo l'assist a Lozano

cremonese napoli

Meno brillante, meno splendente. Ma è davvero così? Per Kvicha il campionato di Serie A è durissimo, perché le arcigne difese italiche sanno che c'è da imbrigliare proprio lui, per evitare che il Napoli dilaghi. Gli costruiscono gabbie intorno, lo marcano a uomo, prevedendo il raddoppio di marcatura ogni volta che la palla staziona tra i suoi piedi. E, quando non riescono a fermarlo regolarmente, ricorrono al fallo: fuori e dentro l'area di rigore. Gli arbitri e il Var lo vedono, e concedono al Napoli rigori sacrosanti. Rigori, in cui c'è quasi sempre lo zampino di Kvaratskhelia. Imprendibile, semplicemente imprendibile, l'esterno sinistro dell'attacco azzurro. Sarà meno appariscente, forse, ma solo ad un occhio poco attento. Perché è perla che fa commuovere il suo assist al bacio a Lozano, dopo una cavalcata epica che lo aveva fatto ritrovare a tu per tu con Radu. Una perla che fa commuovere, sì. Perché denota altruismo, senso di responsabilità, maturità. Luciano Spalletti sorride e chiede che il gol venga assegnato a lui, a Kvara "così capisce che non c'è differenza tra chi segna e che la cosa importante l'ha fatta lui", perché quello che ha fatto vale quanto un gol, più di un gol. Era stato proprio Spalletti a rimproverarlo pubblicamente per il suo dribbling insistito, quella propensione a tenersi troppo il pallone tipica di chi sa che dai propri piedi può nascere sempre una magia. Ma la vera magia è nella squadra, ché da soli non si va da nessuna parte. E il talento georgiano c'ha messo davvero tempo zero a capirlo, a fare suoi gli insegnamenti del "Maestro", come lo ha chiamato lui stesso nella bella intervista al Corriere dello Sport. Perché è solo così che si dimostra la propria vera grandezza: mantenendo l'umiltà di chi sa che la squadra è sempre più importante del singolo, che un gol in più sul proprio ruolino di marcia personale vale meno di un gol vittoria per la propria squadra. Si cresce anche così. Si diventa vincenti proprio così.