Sembra quasi un sogno dirlo, ma il Napoli ha vinto il suo terzo scudetto. Non solo, ma ha raggiunto questo traguardo avendo dominato l’intero campionato. Una stagione da sogno per gli azzurri che arriva dopo un’estate travagliata. Infatti, a luglio gli addii dei vari Mertens, Insigne, Koulibaly e Ospina avevano gettato nello sconforto i tifosi, i quali pensavano a un ridimensionamento del club. Invece Aurelio De Laurentiis insieme a Cristiano Giuntoli e a Luciano Spalletti ha costruito un vero capolavoro, dimostrando la sua lungimiranza che va avanti da 19 anni.
editoriali
Questo scudetto è anche di chi ha scelto Napoli quando l’azzurro era meno brillante
Questo scudetto è anche di chi ha accarezzato il percorso del Napoli
—Questo Napoli, infatti, non è figlio della casualità, ma di un progetto che parte proprio dal giorno in cui il produttore cinematografico, che non capiva nulla di calcio, ha scelto di salvare il club, ormai fallito, in cui aveva militato Maradona. Lo ha fatto ripartire dal basso con la forza delle sue idee e di quelli che lo hanno accompagnato in questi anni, viaggiando sempre in direzione ostinata e contraria. Scelta che lo ha portato ad essere forse poco amato, ma sicuramente concreto. Ha scelto Reja, Mazzarri, Benitez, Sarri, Ancelotti, Gattuso e Spalletti, gli allenatori che hanno contribuito alla risalita. Forse non tutti determinanti, ma ognuno di loro ha messo un mattoncino in un certo senso.
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Mister Reja, colui che ha guidato la doppia promozione dalla C1 alla A. Il tecnico che nel 2009 ha lasciato perché non era più il suo tempo. Aveva dato tutto ed ora può prendersi la sua fetta di gloria insieme a Sosa, Calaiò, Montervino, Iezzo e tutti quei ragazzi che hanno creduto nell’azzurro anche quando non era così brillante. Questo scudetto è anche suo, come lo è di Pierpaolo Marino, che nell’estate in cui finalmente il Napoli tornava in Serie A scelse di puntare su due ragazzi sconosciuti, ma che poi sono diventati idoli e parte della storia del club. Quel ragazzino slovacco con la faccia da studente, Marek Hamsik, che dopo 12 anni, 520 presenze e 121 reti, ancora oggi è amato e ricordato da queste parti per la sua classe e la sua rara intelligenza tattica. Per i suoi rifiuti a Milan e Juventus. Per il suo essere napoletano. L’altro sconosciuto era Ezequiel Lavezzi, o meglio noto come il Pocho. Il ragazzo argentino che con il pallone tra i piedi faceva viaggiare la mente agli anni del D10S. Genio e sregolatezza, gioia e dolori. Gol e balletti e quel sorriso che ancora oggi fa battere i cuori. Colui che lasciò con un trofeo (la Coppa Italia) e le lacrime che nessun tifoso azzurro ha dimenticato.
Da Mazzarri a Spalletti ognuno con la sua storia
—Questo è anche lo scudetto di Mazzarri che costruì una squadra che non mollava mai, nemmeno all’ultimo secondo. Quei ragazzi che vinsero il primo trofeo dell’era De Laurentiis, che tornarono in Champions per giocare tra le grandi dopo anni di amare sofferenze. Quella squadra che aveva giocatori che hanno lasciato il cuore in campo. Maggio, De Sanctis, Paolo Cannavaro, Grava, ma soprattutto la stella Cavani preso quasi bambino e andato via da campione. È lo scudetto di Quagliarella che ha dovuto lasciare la sua squadra del cuore tra le lacrime a causa di qualcuno che non sa essere umano. È lo scudetto di Benitez che ha gettato le basi per un Napoli internazionale. Lo spagnolo che portò da queste parti gente che giocava nel Real Madrid come Raul Albiol e Callejon che poi sono diventati idoli indiscussi. Colui che ha provato a cambiare la mentalità vincendo una Supercoppa e una Coppa Italia e sfiorando una storica finale di Europa League negata solo da un arbitraggio che ancora grida vendetta. L’allenatore che ha gettato le basi per il Napoli di Sarri. Quello della bellezza assoluta. Quello che con 91 punti non è riuscito a cucirsi il tricolore addosso. Il Napoli di Jorginho, Allan, di Mertensfalso nueve, di Reina dai piedi da trequartista. Il Napoli di Insigne che cercava Callejon come un figlio cerca la madre, il Napoli delle lacrime di Firenze.
Questo è anche lo scudetto di chi non ha entusiasmato
—Ma è anche lo scudetto di Gattuso che qui ha lasciato una coppa Italia, ma soprattutto Osimhen. Infatti, il tecnico calabrese ha creduto fortemente in quel ragazzotto nigeriano che Spalletti ha reso un supereroe. Poi è lo scudetto di questi ragazzi qui che guidati dal tecnico di Certaldo hanno scritto per sempre il loro nome nella storia, una squadra formata da bravi ragazzi che saranno affidati alla gloria interna. E infine, è lo scudetto dei tifosi che hanno seguito questi colori anche in Serie C1 e che finalmente dopo 33 anni possono sentirsi di nuovo al centro del calcio italiano. Ognuno di loro può urlarlo forte: “Siamo Campioni d’Italia”.
A cura di Sara Ghezzi
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