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editoriali

L’unicità, la solitudine e il sublime della vittoria negli occhi lucidi di Luciano Spalletti

Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

L'addio di Spalletti, i premi ai calciatori, le lacrime di Quagliarella e del pubblico. È stato davvero l'anno all'improvviso, quello che nessuno (o quasi) poteva attendersi. Merito di tutti, non solo di ADL ma sicuramente in buona parte anche suo

Con dominio tecnico e grande superiorità in campo, così il Napoli ha battuto anche la Sampdoria al Maradona all'ultima giornata. Sulla giusta riga tenuta per tutta la durata del campionato, con la semplicità che è la cosa più difficile da portare sui piedi di undici uomini e più. Strepitosi tutti, dalla voglia di Kvaratskhelia e Osimhen alle danze di Zielinski e all'intelligenza di Di Lorenzo. Bene pure Ostigard che ha giocato meno di quanto avrebbe potuto e dovuto, benissimo anche il tifo (finalmente), fatto di famiglie e bambini e cuori veri. Senza violenza ma con tanto amore. È vero che Napoli ha insegnato a festeggiare, con gusto ma lasciandosi andare ad uno sfogo di energia liberata nel cielo: nel nome di chi non c'è più, nel nome di chi non c'era negli anni di Diego. Nel nome del presente che oggi grida manifesta grandezza rispetto ai sedicenti padroni del calcio e della società che sono al Nord. Vincere uno Scudetto a Napoli vale sempre e solo uno, ma non è come vincere da altre parti a livello generazionale ed emotivo. Aggiungiamo, però, che non si attenderanno altri trentatré anni. E che l'anno prossimo questa squadra non arriverà settima. Segnate pure.

La differenza del talento

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La grandezza del Napoli di Spalletti è scesa in campo anche ieri contro la Sampdoria. Ha vinto il tempo, il progetto, la mentalità. Lo diciamo da tempo. Kvaratskhelia e Osimhen sono i veri fuoriclasse, Kim e Lobotka con Di Lorenzo subito seguono. Poi gli altri. Poi anche Spalletti, vero Ministro della Vittoria perché innanzitutto (e lui lo aveva sempre detto, nelle sue passate esperienze) è in grado di compattare gli spogliatoi, di farsi amare. Parla in faccia e lo fa bene. È un buono, checché se ne dica del suo carattere. È straordinariamente colto, intelligente emotivamente, sa come comunicare. Non è l'allenatoruncolo di passaggio, è il più forte forse della storia del Napoli dal 1926, il più incisivo. Nel frattempo De Laurentiis dovrà scegliere il suo successore e sarà letteralmente una scelta impossibile. I calciatori hanno ormai un elenco di punti sul manuale dell'ecco come si vince e non bisognerà intaccare più di tanto queste convinzioni, questi meccanismi. Servirà unità e umiltà. Questo a giudizio di chi scrive.

Il più grande simbolo di questo Scudetto è il momento della Coppa con 6-7 bandiere diverse sulle spalle dei calciatori. Uno Scudetto è un premio di squadra ma anche di individui, mescolati da tante zone del mondo perché il Napoli ha deciso finalmente di essere melting pot. Di non ascoltare l'italiana contestazione al calcio-senza-italiani (come se si dovesse per forza inserire patriotticamente calciatori della Patria pure se sono scarsi ndr) e di guardare all'Est e al Sud, luoghi impervi per il razzismo imperante nella mente italiota. E poi - solo dopo - tutti dicono che in realtà erano ad un passo da Kvara e Osimhen. Il Napoli ha fatto un passo ben più grosso, o la realtà è che gli altri guardavano Lukaku e Pogba, o Divock Origi? Questo è il merito dell'imprenditore-uomo De Laurentiis che vive gli USA e gira il mondo, conosce l'importanza del tutto, non della ristrettezza d'Italia. Allo stesso modo, sul campo il Napoli si è mostrato mondiale col suo calcio incredibile, fatto - anche ieri - di scambi posizionali, di incursioni di tutti verso tutte le zone del campo. Kvaratskhelia avrà toccato 200 palloni. Lobotka è un visionario degli spazi. Rrahmani punta aggiunta è l'ultima ciliegina. È un calcio totale, sono i 90 punti dell'orgoglio. Un punto in meno rispetto a Sarri, quasi come per voler tenere in una teca anche quella stagione lì, fatta di campioni veri che - allora - di forze ne avevano eccome. Non come l'anno scorso (dove sono i festeggiamenti, anche sui social, di Koulibaly e Mertens? E di Fabian? Tutto tace ndr).

E allora si va al traguardo con Osimhen e Kvara e Kim che ancora non sanno una parola di italiano. Che sono venuti a Napoli per giocare e poi per lasciarsi sorprendere, un po' come noi che cerchiamo di fare di uno sport una piccola poesia da taschino. Non abbiamo le fonti. Non sfasciamo anzitempo. Non creiamo rapporti. Raccontiamo evidenze o proviamo a dare letture. È Scudetto anche per noi che abbiamo sopportato altri dire cose che ora farebbe troppo comodo ripetere. La realtà è che neanche ci interessa. Che tutti partecipino alla festa, tanto gli altri parleranno comunque. Prendiamo un bel respiro e un po' di riposo. L'anno prossimo ci divertiremo ugualmente.


Grazie, con affetto

A cura di Mattia Fele

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