Solo chi ha 18 punti di vantaggio sulla seconda può tornare a casa deluso per non aver chiuso lo Scudetto con 6 giornate d'anticipo, incastro mai successo nel nostro campionato da quando esiste. Tutto questo lo rende scontato il Napoli, una squadra che ha dominato per 8 mesi tutte le altre in lungo e in largo e che ora paga qualche scelta sbagliata negli ultimi 30 metri e un po' di brillantezza in meno, oltre alla pressione dovuta dalla troppa voglia (la famosa disponibilità per dirlo alla spallettiana) di voler cucire il tricolore con anticipo. Razionalmente, i tifosi e tutto l'ambiente capiscano che è bene anche così. Il calo in termini di risultati è fisiologico (solo Conte aveva fatto 102 punti, ma senza Champions di mezzo!), ma c'è chi ha fatto peggio. In Semifinale di Champions c'è l'Inter che in Serie A ha 11 sconfitte (ha perso in casa col Monza e con l'Empoli, ha fatto peggio del Napoli dell'anno scorso tanto vituperato), il Milan non va oltre le botte da orbi contro la Roma, la Juventus fatica tantissimo anche a Bologna. Il Napoli vincerà un campionato nel quale ha creato un solco per suo proprio merito e guai a chi dice il contrario.
editoriali
Se il Napoli può addirittura «scegliere» la partita Scudetto è perché ha spaccato la Serie A
Non senza pensieri
Il Napoli - ripetiamo - ha il lusso di poter decidere quando vincere. Può addirittura preferire la domenica al giovedì per puro sfizio, un po' come quando si sceglie l'appuntamento dal barbiere. Questo è perché Spalletti ha spaccato l'Italia a metà e ha rovesciato i rapporti di potere calcistico e non, ha dato a una città una storia da raccontare e ai suoi figli un presente da tramandare con gli occhi lucidi. Lo ha fatto col gioco, con le idee, con la misura del pensiero che pesa sempre di più di un fatto cinico. Con i nuovi acquisti e la loro fame, con l'amicizia sana tra i calciatori titolari. Con la Champions che aiutava a tener accesa la fiammella della bellezza. Il Napoli ha dato tutto e lo ha fatto fino a questo mese di aprile, dove ha continuato nella sua proposta ma ha incontrato un (normalissimo) inceppo psicofisico che sta impedendo di segnare come prima. Questo perché le partite iniziano a pesare, le scelte iniziano a pesare. E a volte le scelte sono meno forti della Storia - gol di Raspadori vedasi - in altre invece c'è bisogno dei famosi uomini forti, temprati a questo tipo di atmosfere. Il Maradona contro la Salernitana era vestito del suo abito più bello, spostava il muro del suono con grida e bandiere densisissime in tutti i settori (ma perché non può essere sempre così? ndr). Poi però la partita va giocata.
Paulo Sousa ha deciso di venire a Napoli e - guarda un po' il caso - diventare attendista. Perché così si affronta Spalletti, altrimenti si prende un'imbarcata. Queste le parole sue e di Zaffaroni del Verona, e anche di Pioli pure se non l'ha detto perché ha lo stemma del Milan cucito sulla giacca. La realtà è che pure contro squadre così il Napoli ha sempre trovato il modo di uscirne, con una giocata singola (Kvaratskhelia è sempre fortissimo, ma quando si impunta è un po' fumoso) o con una variante. Tant'è che si è sempre detto di squadra camaleontica, capace di tutto e sempre. Ora bisognerà cambiare idea? No, ma è possibile che non sia una squadra dalle caratteristiche della forza che aumenta in situazioni emotive difficili. Anzi. L'impressione è che il clima generatosi (Inter-Lazio era appena finita da praticamente 20 minuti ndr) non abbia aiutato, nonostante Elmas poi dicesse che se la Lazio avesse perso, non avrebbero sbagliato la partita. Elmas in potenza aveva ragione: non era da sbagliare.
Non che il Napoli abbia performato in modo non buono, anzi: ha fatto la partita come sempre pure contro un 5-4-1 di tutta difesa e di poca spinta. Di fatto la Salernitana ha trovato un eurogol con un tiro che ad ottobre forse sarebbe finito oltre le Curve, direzione Vomero. Ieri ha segnato clamorosamente. Non si ricordano altri pericoli se non qualche cross o contropiede con mischia conseguente. Il Napoli ha fatto il Napoli, con un possesso palla continuo - nel primo tempo quasi asfissiante però pure soporifero, sembrava di controllo - e con qualche buona giocata offensiva. Poi scendeva il buio sugli occhi alle scelte degli ultimi 30 metri: è questo, quello che è realmente mancato. Ancora non benissimo Lozano, in una stagione di buon rendimento medio ma con pochissimi bonus in termini di gol e assist. Anguissa a volte ancora superficiale. È entrato bene Raspadori, che forse potrebbe essere la svolta - vede la porta! - in questo momento di minore brillantezza dei titolari. Un po' come fu con Mertens l'anno scorso (proprio lui risolse un Napoli-Udinese e un Napoli-Salernitana entrando dalla panchina, che finì 4-1). Il pareggio contro i granata lascia non senza pensieri perché è amaro e lascia il dubbio di una squadra ancora non pronta quando deve, è costretta ad esserlo (come con il Milan). Un dubbio che non poteva esistere in autunno o in inverno, quando nel giocare le partite esisteva una leggerezza di gioventù legata ai tanti punti che mancavano e per la quale non ci si poteva sentire pressati. Specie se si è nuovi da queste parti. L'impressione è che alcuni calciatori si stiano un po' abituando a vivere la napoletanità, che può essere bello quanto ferocemente difficile, delle volte. Ad ogni modo, la grandezza utopistica e la perfezione di questa squadra verrà ricordata e sarà oggetto di discorso già in settimana (che sia giovedì o domenica), quando il Napoli sicuramente sceglierà di vincere il campionato e festeggerà. Per lungo tempo. Perché è stato straordinario sempre.
A cura di Mattia Fele
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