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Vincere non è l’unica cosa che conta, ma godiamoci una domenica col ragù senza “tuosseco”

Redazione

L'editoriale di Maurizio Zaccone per CalcioNapoli1926

Vinciamo. Non convinciamo, purtroppo. Non arriva la prestazione confortante, il segnale di ripresa, l'effetto "ritiro". Non scorgiamo niente del Napoli "vecchio", non ci arrivano segnali di risalita.Ma vinciamo. Non dirò mai che vincere è l'unica cosa che conta, perché per me, per noi, non lo è. Ma nell'attesa di ritrovarci come una volta o ricostruirci con nuovi innesti e diventare più forti, preferisco trovarmi a una distanza ridotta o immutata dal quarto posto, piuttosto che aumentata.

I tifosi raccolgono in pieno l'invito di Mazzarri e sostengono dalle curve incessantemente la squadra. Esplodono di gioia al 97°, zona Mazzarri, e lo fanno insieme ai giocatori che esplodono con noi. Un'esultanza che è stata la cosa più indicativa e positiva della giornata. Ovunque siano i problemi, per un attimo eravamo tutti insieme, uniti da un grido di liberazione. Vedere Demme, che nemmeno sapevamo più essere un giocatore del Napoli, esultare come se avesse le presenze di Di Lorenzo, o Lindstrom, che non abbiamo nemmeno capito essere un acquisto del Napoli, unirsi alla festa, Kvara prima in ginocchio e poi disteso a "quattro di bastoni", o Politano rientrare dall' panchina in campo a fare festa, ci restituisce un'immagine di "gruppo" e di intenzioni forse insperata.

Tornando alla partita, vedere i campioni d'Italia schierarsi con Cajuste e Gaetano a centrocampo, vedere subentrare Zerbin e Demme nella ripresa, non è molto incoraggiante. Ma anche se ci fossero stati Osimhen, Anguissa e Zielinski non sarebbe cambiato nulla, visto lo stato confusionale nel quale versa la squadra. Avremmo avuto tre ulteriori fantasmi. Più di grido, ma sempre fantasmi. Non c'è molto da dire. La Salernitana è ultima in classifica, con 2 vittorie in 20 partite, e ha la peggior difesa del campionato, con 39 reti subite. Fatichiamo tantissimo. Al Maradona e con il sostegno di un pubblico ammirevole. La situazione è maledettamente seria. Non c'è per niente grinta, e non sembriamo affatto motivati. Sul rigore per fallo su Simeone (ovviamente non visto dall'arbitro) tutti gli azzurri rientrano verso la propria metà campo senza accennare una minima protesta. Il rigore ce lo danno lo stesso. Nel secondo tempo l'andazzo sembra non cambiare granché. Attacchiamo noi e loro si difendono, certo. Ma nell'anniversario del 5-1 alla Juve, questo "derby" sembrava andare mestamente in archivio con l'ennesimo risultato deludente. Poi un'occasione di Kvara nel finale dà una scarica elettrica ai tifosi e probabilmente anche ai giocatori. E Rrahmani, all'ultimo minuto, la mette dentro. Si festeggia con l'enfasi detta prima, che ci lascia immaginare che i limiti siano involontari e che ci sia un fuoco che cova, che cerca la strada giusta.

Ce la godiamo per il valore che ha. I tre punti, un umore parzialmente ritrovato in vista della Supercoppa, e una domenica napoletana con il ragù senza "tuosseco". Questo è. E, con i tempi che corrono, va bene così.


A cura di Maurizio Zaccone

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