A cura di Domenico D'Ausilio
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editoriali
Siamo nel 1934, si disputa in Italia la seconda edizione della Coppa del Mondo. La manifestazione fu voluta fortemente dal regime fascista di Mussolini e la Nazionale riuscì anche a conquistare il titolo iridato battendo la Cecoslovacchia in finale a Roma per 2-1 ai tempi supplementari. Ma non è questa la partita di cui racconteremo oggi: bensì l'altra finale, quella per il terzo posto disputata allo stadio Partenopeo-Giorgio Ascarelli di Napoli (distrutto nel 1942 durante la seconda guerra mondiale) fra la Germania e l'Austria, battute rispettivamente dalla Cecoslovacchia e dall'Italia in semifinale.
Era il 7 giugno 1934. Allo stadio Partenopeo si affrontavano la nazionale tedesca (con tanto di vessillo nazista) e il Wunderteam austriaco, la squadra delle meraviglie, per la conquista della medaglia di bronzo davanti a circa settemila spettatori. L'arbitro era il signor Albino Carraro, il quale però si trovò subito di fronte ad un grosso problema organizzativo. Entrambe le nazionali si presentarono sul terreno di gioco con maglia bianca e pantaloncini neri. Era impossibile, dunque, far disputare la gara perché era impossibile distinguere i giocatori delle due nazionali. E allora una delle due squadre fu costretta a cambiare casacca. Toccò all'Austria che, dunque, dovette recuperare nello spogliatoio dell'impianto partenopeo le maglie azzurre del Napolie le indossò tra il compiacimento e lo stupore del pubblico napoletano presente sugli spalti. Per la cronaca, il match fu vinto dagli "avversari del Napoli" per 3-2. Pronti, via e i tedeschi passarono subito in vantaggio con Lehner. Al 27° raddoppio di Conen, ma gli austriaci reagirono subito dopo con Horvath. La doppietta di Lehner verso la fine del primo tempo sembrava aver chiuso il match, ma al 54° Sesta riaprì tutto. Assalto finale dell'Austria in maglia azzurra, ma fu tutto inutile. I tedeschi furono la rivelazione del Mondiale italiano, visto che all'epoca si riteneva che il Wunderteam austriaco fosse l'unico in grado di poter tenere testa alla forte Italia di Pozzo, imbottita di oriundi sudamericani. Dopo quel curioso caso, le nazionali e le squadre di club iniziarono a dotarsi di seconde divise da gioco per evitare problemi di questo genere.
A cura di Domenico D'Ausilio
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