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Se Garcia è un «risultatista» che imbrigli Pioli e Leao, laddove Spalletti (solo lì) non arrivò

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Che Garcia sfrutti l'unico modo per differenziarsi da Spalletti: c'è il Milan al Maradona, l'unica squadra contro cui questa rosa ebbe difficoltà l'anno scorso. Ed anche Pioli non se la passa così bene ultimamente
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Domenica c'è Napoli-Milan e la testa va subito all'anno scorso, a quei tre scontri fatali in un solo mese che rimasero e ancora sono l'unico "brutto" ricordo del Napoli di Spalletti 2022-23. Non essere mai (mai davvero) riusciti a trovare un piano B per arginare quel Milan, che neppure era troppo in forma - due settimane dopo straperse contro l'Inter in entrambe le tranches -. Leao sembrava Vinicius e i raddoppi di Calabria ricordavano le morse alla Barzagli-Chiellini-Bonucci degli anni d'oro della BBC bianconera. Spalletti portò le sue idee come fece per tutto il resto del campionato e proprio contro Pioli non pagò mai se non all'andata, quando però pure si soffrì molto e la risolse un guizzo di Simeone. Sarà clamorosamente ancora assente Osimhen, che contro il Milan non vuole proprio giocarci, a parte a marzo 2022 quando Giroud espugnò il Maradona con un rimpallo e il Milan vinse lo Scudetto.

Il Piolismo non esiste

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Ora è un altro Milan, con nuovi giocatori ed è sicuramente anche un altro Napoli. Guidato da Rudi Garcia, che a Berlino contro l'Union ha sfoggiato la parte più allegriana di sé, un po' vicina anche al gioco che fece vedere il Lione - arrivato in semifinale di Champions -. Un calcio di rapina, basato poi sulle individualità più forti che in ripartenza vanno veloce in verticale a far male. Forse abbiamo trovato la vera idea di Garcia e chissà se questo (ovvero giocare in linea un po' più bassa in attesa degli avversari e poi colpire) possa arginare il pericolo Leao, che l'anno scorso con due contropiedi tolse al Napoli il sogno finale di Champions. Totalmente raggiungibile e nelle corde.


Anche Pioli vive un momento di atroce difficoltà e non ne comprende il perché. Nonostante il mercato (avallato, elogiato, encomiato da tutta Italia e non solo) ha adesso a disposizione una squadra un po' in crisi come l'anno scorso. Quando perse 3-0 a Londra contro il Chelsea(gara similissima a quella di Parigi dell'altra sera ndr), o anche quando prese 9 gol da Lazio e Sassuolo in pochi giorni. Il Milan ogni tanto perde le sue certezze e lascia dietro il suo essere squadra equilibrata e granitica, forse proprio perché i calciatori schierati in campo per lo più sono ottimi individualisti. Theo e Leao chiaramente su tutti. Garcia dovrà letteralmente utilizzare il Milan come prova per sé stesso, anche per mettersi alla prova con la categoria degli identitari, comprendere se ancora ne fa parte o se è uno stratega da partita che poi lascia libera interpretazione al calciatore in campo. Chi scrive ancora non ha chiaro dove si posizioni il francese. Dapprima sembra volere un possesso fitto, poi mostra arguzia nelle sostituzioni con Ostigard come mediano, poi dimostra il contrario - mancanza di coraggio - quando toglie Osimhen in Napoli-Fiorentina con altri 10' di calcio abbondanti da giocare. È un uomo forse confuso e che confonde, che però ha vinto le ultime due gare che invece il Milan ha perso. Segni opposti come sono diversi (molto) Spalletti e Garcia, e chissà se proprio queste differenze così profonde non possano portare l'ex Lille lì dove Lucianone non riuscì mai con questa rosa, che invece batté tutti gli altri (cosa che ovviamente si fa preferire, neanche a dirlo ndr).

Di Mattia Fele

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