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Visto il peso politco delle strisciate? Napoli-Milan consegna il nostro scudetto alla leggenda

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Il calcio è governato dagli episodi: Krunic (uno dei migliori) non doveva giocare il ritorno. Anche ieri l'arbitro ha deciso la contesa

Il giorno dopo Napoli-Milan, a mente fredda, possiamo dire un paio di cose con grandissima onestà intellettuale. La prima: che nell'arco dei 180 minuti, il Napoli ha sempre tenuto il pallino del gioco, ma - ammettiamolo pure senza riserve - ha fatto il solletico agli avversari. E' stato un possesso palla insistito, furibondo (in un recente editoriale lo abbiamo definito onanistico), ma specie nella gara di ritorno - quella dell'auspicata riscossa - non sono fioccate occasioni degne di nota. Pioli ha il merito di aver progettato e poi edificato la partita che desiderava. Indietro tutta e poi si riparte scatenando la furia di Theo, Brahim e Leao. La verità è che difendersi in 8 nella propria area di rigore è una strategia offensiva al pari di un'altra. Sembra paradossale, eppure è così. E' una strategia utile a visionare il giusto modo per fregare l'avversario (e contro un Napoli manovriero solo questo puoi fare).

Il calcio è governato dagli episodi: Krunic (uno dei migliori) non doveva giocare il ritorno

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Noi italiani lo sappiamo bene anche in considerazione del fatto che, fatta eccezione di Italia-Bulgaria (semifinale USA 94), questo è sempre stato il nostro stigma. Anche nella gara di ritorno, i rossoneri sono stati più incisivi, persino sotto porta. Basta guardare l'esito del primo tempo: il Napoli ha provato a fare la sua partita, ma con scarsa pericolosità. In questo momento storico, complice anche il turpe spettacolo di Napoli-Verona, il possesso palla può essere un nemico se negli ultimi 25 metri fai melina e non riesci mai a trovare lo sbocco decisivo. Il Milan, dal canto suo, ha sbagliato un rigore, ha segnato un gol in contropiede e se n'è divorato un altro, sempre con il bucaniere Giroud. Se dobbiamo valutare il solo aspetto del pragmatismo bisogna essere onesti fino in fondo nell'attribuire meriti al diavolo. Fatta questa debita premessa, ora è doveroso passare in rassegna "il lato oscuro della luna". Il calcio è governato dagli episodi, questa è la prima legge delle partite a eliminazione diretta, ed è anche il motivo per cui una squadra come la Grecia ha vinto gli europei del 2004. E allora vien da porsi qualche domanda: come sarebbe finita la disputa se Krunic fosse stato ammonito - e dunque squalificato - nella gara d'andata? Beninteso, ieri Krunic è stato uno dei migliori in campo, ha "picchiato" dal primo al novantesimo, è stato un perfetto frangiflutti in mediana. Chi lo guarda da lontano pensa che ha le stimmate del comprimario, ma non c'è niente di più falso. Krunic è decisivo per l'equilibrio tattico del Milan, e Krunic non doveva essere della partita. Anguissa e Kim invece avevano tutto il diritto di giocarsi l'accesso alla semifinale. E poi ancora, cosa sarebbe accaduto se Marciniak avesse fischiato quel rigore su Lozano? Un rigore deliberatamente ignorato dal miglior arbitro del mondo, ma che avrebbero concesso anche in Eccellenza poiché evidente anche a occhio nudo.

Perché il titolo (che sta per arrivare) è già leggenda

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Ecco, a tal proposito è giusto riprendere alcune dichiarazioni rilasciate da Paolo Del Genio nell'immediato post-gara di Napoli-Milan: "Chi è più potente ha i suoi vantaggi. Quando dissi che se non facciamo 100 punti (cioè se non stradominiamo) ci fottono avevo ragione. Sul filo del rasoio queste squadre hanno sempre qualche cosa in più. Anche per merito degli arbitraggi. Sul lungo del campionato non hanno avuto la possibilità di farci del male, sullo stretto invece certe tradizioni contano". E' senz'altro così. Anche alla luce di questo dato è il caso di dire che Napoli non deve perdere tempo a leccarsi le ferite. In un contesto sociale simile vincere lo scudetto - uno scudetto che non è ancora matematico, attenzione - è qualcosa di leggendario. Stiamo arrivando al Palazzo, ma senza quella insopportabile retorica sarriana che a distanza di cinque anni tanto ci fa ridere. Eppure è proprio così che stanno le cose.

A cura di Giovanni Ibello