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editoriali
Un inizio europeo da brividi, per il Napoli di Luciano Spalletti. Che il cassetto dei sogni si riapra! Abbiamo il coraggio di osare!
“L’inizio è la parte più importante del lavoro”, così Platone, due millenni e mezzo fa. E, se lo dice lui, forse possiamo fidarci. Il Napoli inizia in modo sfavillante il suo percorso in Champions, contro un Liverpool in difficoltà, ma sempre pronto a risorgere dalle sue ceneri, come un’Araba fenice mai doma, mai prona alla vita ed alle sue miserie. Ma the eyes of the tiger di Luciano Spalletti in conferenza stampa, l'altroieri, raccontavano una storia che voleva una trama diversa. Allegoria del Davide contro Golia, il big match del girone A della massima competizione europea poteva, doveva rispondere alla logica illogica di un Napoli fragorosamente sorprendente. Bello come pochi, convinto come quasi mai. E i 90’ vissuti nella splendida cornice di un Maradona gremito e vestito a festa l’hanno raccontata bene, questa storia. E così, ci proviamo anche noi. E ci proviamo attraverso tre piccole, immense storie che oggi hanno riavvolto il nastro e sono giunte alla loro consacrazione. Ad un compimento che non è che un altro, l’ennesimo, inizio.
Questa è la storia di un sacrificio lungo una vita intera. È una storia di determinazione, di voglia, di impegno, di desiderio. “Il guerriero sa che è libero di scegliere ciò che desidera: le sue decisioni sono prese con coraggio, distacco e, talvolta, con una certa dose di follia”. E il Napoli, nella sua prima notte stagionale europea, questo coraggio, questo distacco, questa follia li ha messi in campo, tutti. L’obiettivo era lì, difficile ma non irraggiungibile. Ed era bello. Lo era – e lo è stato – soprattutto per chi a quel tavolo non si era mai seduto. Per chi era abituato ad un menù meno ricco, per chi quel tavolo lo aveva sempre guardato con desiderio. Questa è la storia di un desiderio realizzato, di più desideri realizzati. Con fatica, con tenacia, con volontà.
Questa è la storia di Meret, criticato duramente dal suo stesso allenatore, passato da promessa italiana a riserva fissa in cui nessuno credeva più, messo in discussione nella sua permanenza a Napoli per tutta l’estate, vissuta con lo spettro di un Navas col biglietto già staccato da Parigi, direzione Vesuvio. E lui para tutto, si allunga, esce con i tempi giusti, sceglie sempre la posizione corretta. Risponde presente, e poi presente ancora, e ancora. Para palloni e critiche, devia oltre la traversa disistima e giudizi impietosi.
Questa è la storia di Simeone, che a 14 anni si tatua il pallone della Champions, che si ripromette: “Lo bacerò al mio primo gol in CL” e vive i successivi 13 nella speranza e nel desiderio bruciante di poter mantenere quella promessa fatta a sé stesso. Un tatuaggio come un sempiterno “memento”, vivere accompagnati da un obiettivo e lavorare duro, sodo, continuamente, per ottenerlo. “Fai il necessario per realizzare il tuo desiderio più ardente, e finirai col realizzarlo”. Bruciare di desiderio, vivere di quelle fiamme, accarezzarle, goderne, perché “io lo sapevo, che ci sarei arrivato fin qui. Io lo sapevo che avrei segnato in Champions. Aspettavo solo un’occasione, ero pronto per sfruttarla e ci sono riuscito…per fortuna!”. Eh no, Giovanni, ti devo correggere: non per fortuna. Per dedizione. Per sacrificio. Per ferrea volontà. Quelle tue lacrime hanno bagnato i nostri volti. Quella tua gioia straripante l’abbiamo sentita sottopelle. C’hai voluto, ci hai aspettato, desideravi il Maradona, desideravi il Napoli, e l’hai avuto. E, ci scommetterei, questa sarà un’altra bella storia. La tua faccia pulita ci piace, Giovanni. Ci piace proprio assai…e Napoli non dimentica, non dimentica niente.
Questa è la storia di Spalletti, che si perde a Lecce per ritrovarsi a Liverpool, senza muoversi da Napoli. Da Napoli inizia tutto, a Napoli torna tutto. Napoli centro del mondo, adesso per un po’ anche per te. Qui ritrovi la Champions, qui ritrovi Klopp, qui hai appuntamento con te stesso, ed è un appuntamento di sangue e cuore, troppo importante per poterlo mancare. Il tuo non firmare per un pari lo hai spiegato oggi: prima ancora che in tv, lo hai spiegato in campo. Perché quegli eyes of the tiger li avevano tutti i tuoi, stasera. Spallettiani nell’anima, spallettiani nelle gambe, in barba alla stampella che ti porti sciaguratamente dietro. “Domani torniamo ad allenarci e dobbiamo farlo bene: come oggi, come sempre”. Perché, lo sappiamo, il calendario recita solo: settembre. Settembre: siamo solo all’inizio. Il resto della storia lo scriveremo insieme. Perché, se “l’inizio è la parte più importante del lavoro”, il lavoro non conosce fine. Né vogliamo che la conosca. Per informazioni, chiedere al Cholito.
Avanti Napoli!
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