La quarta giornata di Serie A ci ha consegnato un Napoli in carne ed ossa, restituito alla sua dimensione reale, depurata dai facili entusiasmi di un avvio sfolgorante e lontana dalle pressapochistiche conclusioni premature di chi farebbe invidia anche al pessimismo cosmico leopardiano. La classifica, in attesa del posticipo Atalanta-Torino, premia la Roma in solitaria in testa alla classifica a quota 10 punti, seguita dall’Inter a 9, e poi il gruppone guidato dal Napoli e composto da Juve, Milan, Lazio, tutte a quota 8 punti… gruppone che stasera potrebbe infoltirsi, qualora Atalanta e Torino dovessero pareggiare.
editoriali
Il Napoli è un cantiere aperto, ma guai ad abbandonarsi al pessimismo leopardiano
Piovono critiche su Spalletti e sui suoi: troppi giocatori nuovi, troppo turnover, troppi giovani, troppa confusione, troppe incertezze. Troppo di tutto. Tutto vero, tutto opinabile. Tutto da inserire nella più ampia cornice del contesto cui afferisce. E analizziamola, questa cornice.
“Spesso il male di vivere ho incontrato”
“Spesso il male di vivere ho incontrato”, diceva l’ottimo Montale. E, se per il poeta questo si annidava nel rivo strozzato che gorgoglia, nell’incartocciarsi della foglia riarsa, nel cavallo stramazzato, il Napoli quel mal di vivere lo scova nelle “piccole” cose. Nelle “piccole” squadre, nelle “piccole” pieghe (e piaghe!) di partite che si rivelano trappole inestricabili, nelle “piccole” strategie a risparmio energetico di chi si chiude in difesa e ti lascia sfiancare, in un giro-palla sterile ed improduttivo, inefficace ingranaggio che non si inceppa ma neanche parte.
Le “piccole” sono furbe iene che passeggiano fuori le sbarre della gabbia in cui è rinchiuso il leone e lo costringono a girare in tondo, in tondo ed in tondo, ancora ed ancora, fino a sfinirlo, a consumarlo, a esautorarlo di forza, energia, lucidità. Il Napoli che incontra le piccole, storicamente, è il leone che non riesce a ruggire, pergamena che si fa cartaccia che si “incartoccia” come la foglia riarsa di Montale, cavallo che stramazza, esausto dal troppo – ed inutile – girovagare. E pensare che il furbo e giovanissimo Lecce aveva anche tentato la zampata improvvisa: quella che ti lascia al tappeto, perché sorprendente, veloce, imprevedibile.
Il Napoli di quest'anno qualche diritto a essere incompiuto lo ha
Ed il Napoli l’aveva lasciata fare, con la supponenza – o l’immaturità - di chi, conscio del proprio valore, quella zampata l’avrebbe prima o poi restituita, con gli interessi. Ma gli interessi non sono maturati, e dover maturare è solo il Napoli, beneficiario degli inebrianti effetti di un elisir di lunga giovinezza, che corrisponde a sempiterna necessità di crescita, ad un imperfetto mai compiuto che si attorciglia su sé stesso nel suo infinito tendere ad una perfezione che gli sfugge, dispettosa. Ma il Napoli di questa stagione, qualche diritto ad essere quell’imperfetto lo ha: è giovane, lo è per davvero. È nuovo. È privo di senatori: vive una sorta di anarchia adolescenziale, tipica di quella fase di mezzo che ti vede con un piede tremante e fiero nella maturità e con l’altro, infangato ed accarezzato dalle sabbie mobili, calde e rassicuranti, dell’infanzia.
Il 18 agosto il Napoli ha messo a segno tre colpi di mercato, completando una squadra che si era privata di tutta la sua spina dorsale, “solida ma non vincente”, direbbe qualcuno. Quella giornata aveva parzialmente risarcito la piazza, ferita dai tanti addii illustri di un’estate drammatica a livello comunicativo, quantomeno preoccupante a livello prospettico. Il Napoli aveva risposto così ad una fisiologica esigenza di rinnovamento o, come direbbero i più esperti, alla necessità dell’inizio di un “nuovo ciclo”. “La crescita, e questa è una cosa terribilmente dura da fare. È molto più facile saltarla e passare da una fanciullezza all’altra”. Imparare a stare in equilibrio, è questa una delle prime sfide della crescita. Poi, provare a camminare; infine, a correre. Questo è chiamato a fare il Napoli 2022-2023. Questo siamo chiamati a fare noi: come piazza, come tifosi, come addetti ai lavori.
Il Napoli è un cantiere aperto: sbaglierà. Spalletti cerca di un equilibrio
Il Napoli è un cantiere. Sbaglierà. Sbaglierà Spalletti nella sua ricerca di un salvifico equilibrio. Sbaglieranno i nuovi nel provare a correre, quando devono ancora imparare l’arte sobria e matura del camminare. Sbaglieranno i “vecchi”, in questa nuova cornice cui affidare un nuovo dipinto.
Il Napoli visto contro il Lecce è il bambino che, spinto dall’irrazionale sbornia di endorfine regalategli da una improvvisa corsa di due passi, cade e si dispera.
Il Napoli visto contro il Lecce è un seme che deve germogliare: ché non si sa come sarà il frutto, ma si sa quanto minuzioso lavoro deve impiegare la Natura per farlo maturare. Quindi, ancora ed ancora, calma e pazienza. Ché quattro giorni servono ad emettere poco più che un vagito.
Ché, se “l'ottimista è altrettanto décadent del pessimista e forse ancora più dannoso”, è anche vero che “il nichilismo è alle porte: da dove ci viene costui, il più sinistro fra tutti gli ospiti?”.
A cura di Emanuela Castelli
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