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editoriali
Palleggiarsi in faccia
"Il Lecce verrà al San Paolo a palleggiarci in faccia". In realtà, non ne ha avuto nemmeno bisogno. A prendersi beffa del Napoli è stato il Napoli stesso, accompagnato in campo da un guizzo di superficialità e da un abisso di irrequietezza. Gli uomini di Rino Gattuso non riescono ad acquisire continuità e basta inciampare su un gol di Lapadula, favorito da una ribattuta di Ospina, per cominciare a sprofondare nel timore e nell'insicurezza fino al 2-3.
Un'isterica mancanza di continuità all'interno di una sola partita caratterizza un Napoli, che non ha due facce: ne avrà almeno cento. Gli azzurri cambiano continuamente approccio e si lasciano sopraffare ogni volta da quello avversario. Accade soprattutto al San Paolo, nel quale il dato di 6 sconfitte stagionali è impressionante. Fuorigrotta ha sempre rappresentato la fortezza del gruppo partenopeo, ma Gattuso sapeva potesse essere un'arma a doppio taglio: su questa sicurezza il Napoli si è addirittura adagiato, poiché 40.000 avrebbero dovuto far tremare il Lecce. Liverani, però, non li avrà nemmeno notati. D'altronde gli azzurri hanno aperto praterie di disattenzione in favore di Lapadula, che tra Maksimovic e Koulibaly si è esaltato. Un tempo, avrebbe tremato.
Probabilmente, a Gattuso proprio la scelta difensiva va rimproverata. Sia il senegalese che il serbo sono tornati titolari nello stesso match dopo diverse settimane out per infortunio. Non avevano la gamba né l'intensità per stare in partita, nonostante il valore tecnico inferiore dell'avversario. A spalleggiare uno dei due serviva un Manolas di turno. Evidentemente è stato impossibile distrarre il pensiero dal match che mercoledì attende il Napoli in Coppa Italia. Gattuso negherà il turnover strategico, ma nel frattempo sfidare l'Inter a San Siro per le semifinali della competizione diventa l'appuntamento dell'anno.
La classifica dice che il Napoli è undicesimo a 30 punti senza alibi e senza furbizia per superare le rivali. La Coppa Italia, quindi, rappresenta una delle ultime opportunità per restare agganciati a un treno che porta in Europa League.
L'Atalanta partecipa ancora a un altro gioco rispetto alle altre e resta in perfetta posizione per conquistare la Champions League. Gattuso, nella conferenza che ha aperto Napoli-Lecce, aveva concesso ai suoi la licenza di sognare "l'Europa che conta", ma non si riesce a uscire illesi dal San Paolo e ciò complica l'accesso a qualsiasi fantasia.
La scelta di Politano, poi, è da salvaguardare e non criticare mentre c'è forse da rivedere l'idea che Mertens-Milik sia una coppia non così fissa. L'ingresso in campo del belga ha cambiato ancora una volta il ritmo del match. Se da reinventato centravanti ha tirato il carro del Napoli per più di qualche stagione e con estremo profitto, un motivo ci sarà. No?
Dulcis in fundo, sarà sempre domani il giorno in cui in Serie A si potrà leggere un quotidiano il lunedì senza polemiche arbitrali a dominare le righe.
Nel corso di Napoli-Lecce il direttore di gara ha ammonito per simulazione Arek Milik, precipitato in area su tocco di Donati. Il rigore c'era, in tutti i paesi in cui le regole del calcio ne prevedono l'esistenza. Giua ammonisce il polacco per simulazione, prendendo così una decisione diametralmente opposta al sentire comune.
Indubbiamente Milik accentua la gravità del tocco avversario, che però c'è. Tuttavia, ciò che preme sottolineare non è la bontà del fallo di Donati piuttosto che la teatralità di Milik, bensì la ferma decisione dell'arbitro di non rivolgersi al VAR, sebbene l'addetto Abisso abbia insistito per diversi minuti. "Ho deciso io", ha sentenzionato Giua, che non ha concesso a se stesso il beneficio del dubbio.
Mentre il Napoli regala un angosciante verdetto, resta un dubbio (che è ormai quello di sempre): siamo sicuri che funzioni così il VAR? Pare di no, ma quasi a nessuno importa (conviene importare).
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