Il secondo tempo del Napoli è stato preoccupante perché del tutto incongruo rispetto alle qualità dei calciatori, alle prime due partite giocate e all'anno scorso tutto (fatta eccezione, forse, per quel Napoli-Milan che ADL ancora ricorda). Chi parlava di residuo di Spalletti forse ieri si sarà ricreduto: quel Napoli faceva dell'essere corto e stretto la sua più importante qualità. Stupisce comunque che nessuno dei calciatori abbia pensato ad un certo punto ad abbassarsi, tranquillizzare le acque e poi ricominciare piano piano con pazienza a girare il pallone. Dopo il gol di Kamada c'è stata troppa frenesia, forse presunzione e tanti nervi. Oltre alla stanchezza, che chiaramente ha bussato alla porta dopo aver dovuto sfilacciarsi con tantissime rincorse all'indietro per quasi un'ora. È sembrato un Napoli presuntuoso e in crisi di identità, che quasi non ha più calciato in porta dopo l'1-2 e ha subìto altri due gol per fortuna in fuorigioco. Inspiegabile il cambio di Kvaratskhelia e anche le due punte in una situazione di tale disequilibrio, dove proprio all'area avversaria ci si arrivava con fatica.
La Lazio, dal canto suo, ha capito l'antifona molto presto e ha fatto semplicemente ciò che sa fare: si è affidata al suo spartito come àncora per le difficoltà. Questo è il calcio delle squadre che hanno limiti e non sono piene di campioni. La fluidità e l'interpretazione individuale sono per il Real e il Bayern Monaco, in Italia servono le idee in campo come sul mercato. Garcia, che queste idee le ha eccome, ha forse sopravvalutato i suoi calciatori su certi aspetti e dovrebbe guardare di più a ciò che accadeva l'anno scorso. Senza il dominio, il pallino del gioco, questi calciatori vanno in difficoltà perché non sono abituati alle giocate a campo aperto in fase di non possesso. Lo si è visto con il Milan in situazione di condizione ben migliore. Insomma, il tecnico dovrebbe comprendere che la costanza - soprattutto per l'emotività dei calciatori e per la loro mente, nonché per i risultati in sé - porta molto di più che la duttilità nel nostro campionato, pur con tutti i limiti che il piano A possa avere. E non si dica che ieri s'è visto un calcio europeo: il Napoli semplicemente nel secondo tempo, alla mezz'ora è scomparso dal campo ed è piombato in una grossa crisi di sfiducia nei propri mezzi. Rrahmani ha sbagliato tutti gli appoggi, Osimhen si è affievolito come una candela quasi sciolta. Anguissa andava al piccolo trotto. L'unico calciatore che pareva nervoso, reattivo a ciò che accadeva è stato Politano (poi sostituito per Lindstrom, buon esordio: è forte ndr), che al momento del secondo gol annullato di Guendouzi ha chiesto agli altri di usare la testa.
La pausa porta consiglio e si spera porti anche Natan con sé, perché l'impressione è che una squadra che voglia giocare così alta non possa prescindere da un giocatore che abbia agio a tenere tanti metri dietro. Poi, è logico, non si giocherà sempre e solo contro la Lazio che ha buonissime doti tecniche e molte gare il Napoli le vincerà di superiorità e forza grazie ai singoli. Resta difficilissimo per rosa, collettivo e tecnico che questa squadra non termini il campionato nelle prime tre della classifica e non arrivi a giocarsi gli Ottavi di Champions. Servirebbe un harakiri importante. Oltretutto è la terza giornata e la Lazio veniva da due sconfitte clamorose che l'avevano compattata: chissà come sarebbe finita se avesse affrontato il Milan al posto della Roma (i calendari sì, contano). Garcia ora ha due settimane per riflettere e chiudere i rubinetti pieni di perdite, magari anche nervose ed emotive. Di buono c'è che la prima sconfitta, il ritorno alla Terra c'è stato molto prima di entrare nel vivo di una stagione che comunque sarà difficilissima e impegnativa. Per un giudizio completo ci vorranno mesi.
Di Mattia Fele
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